La tesi della Corte di Appello di Milano si scontra con il sistema dei versamenti unificati

Di Alfio CISSELLO e Massimo NEGRO

A seguito dell’art. 2-quater comma 1 del DL 11/2023 conv. L. 38/2023, è pacifico che la compensazione può avvenire anche tra debiti e crediti nei confronti di enti impositori diversi, ad esempio tra crediti fiscali e debiti contributivi e viceversa.
Deve quindi ritenersi superato il diverso orientamento giurisprudenziale (Trib. Brescia n. 1251/2022 e, da ultimo, Trib. Milano n. 7823/2022).

Altro decisivo tema su cui il legislatore non è ancora intervenuto attiene all’individuazione del soggetto titolare del potere di agire nel caso, peraltro frequente, di estinzione di debiti previdenziali effettuata con crediti erariali ritenuti inesistenti o comunque non spettanti.
Secondo una recente pronuncia (App. Milano 5 febbraio 2024 n. 114/2024), se l’INPS ha emesso un avviso di addebito disconoscendo l’estinzione di un debito contributivo mediante compensazione di un credito fiscale, spetta al contribuente dimostrare l’esistenza effettiva del credito fiscale, non essendo a ciò sufficiente la sola esibizione del modello F24.
L’efficacia estintiva del pagamento dei debiti INPS potrà essere opposta all’Agenzia delle Entrate in caso di recupero del credito di imposta.

Premesso che sul tema sarebbe necessario e urgente un intervento del legislatore, uno degli argomenti utilizzati dai giudici consiste nel fatto che, ai sensi dell’art. 1 commi 421 ss. della L. 311/2004, l’Agenzia delle Entrate “può” emettere un avviso di recupero del credito di imposta, non essendone però obbligata.
Il menzionato argomento non sembra cogliere nel segno: l’utilizzo del verbo potere sta a significare che, in luogo dell’avviso di recupero del credito, può essere notificato un ordinario avviso di accertamento o, in costanza dei requisiti di legge, una comunicazione bonaria seguita dalla cartella di pagamento.

La tesi si scontra poi con la giurisprudenza di Cassazione, secondo cui il potere di recuperare i crediti indebitamente compensati, anche quando determinano l’estinzione di debiti non fiscali ma appartenenti ad esempio all’INPS, spetta alla sola Agenzia delle Entrate, in ragione del sistema unitario dei versamenti.
Per i giudici, “il mancato versamento di un contributo previdenziale, di una addizionale regionale o anche di un tributo gestito dalla Amministrazione dei Monopoli di Stato, proprio per effetto della sua compensazione con un credito di imposta di altra natura da parte del contribuente, non impone all’Ente creditore di procedere al recupero qualora la compensazione sia stata operata in assenza dei presupposti” (Cass. 21 febbraio 2018 n. 4154).

Si tratta di un orientamento coerente sia con l’art. 22 del DLgs. 241/97 (la struttura di gestione dei versamenti unitari “attribuisce agli enti destinatari le somme a ciascuno di essi spettanti, tenendo conto dell’eventuale compensazione eseguita dai contribuenti”), sia con la prassi dell’Agenzia delle Entrate (cfr. ad esempio la ris. 27 novembre 2008 n. 452, secondo la quale il ravvedimento si esegue ripristinando, a posteriori, la capienza iniziale del credito, attraverso il versamento di un importo corrispondente alla somma indebitamente utilizzata in compensazione).