La Corte Costituzionale lancia un forte monito al legislatore fiscale
Ieri è stata depositata la tanto attesa sentenza della Corte Costituzionale sul divieto di impugnare la cartella di pagamento non notificata, se non in casi tassativamente circoscritti.
I giudici costituzionali, con la sentenza n. 190, pur dichiarando inammissibili le questioni, le ritengono più che fondate lanciando un forte monito al legislatore, in particolare al legislatore delegato.
Viene così sconfessata la tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate, specie dal suo vertice, secondo cui siccome si è assistito ad un proliferare di contenziosi spesso pretestuosi, la soluzione ideale non può che essere quella di limitare la tutela per tutti.
L’art. 12 del DPR 602/73 post DL 146/2021 prevede che l’estratto di ruolo non sia impugnabile. Viene altresì sancito che la cartella di pagamento e il ruolo non notificati non possono essere impugnati, salvo il contribuente dimostri che il carico può:
– pregiudicare la partecipazione a gare di appalti pubblici ai sensi dell’art. 80 comma 4 del DLgs. 50/2016;
– compromettere i pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni mediante attivazione della procedure di blocco (ciò avviene per i pagamenti superiori a 5.000 euro);
– comportare la perdita di un beneficio nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.
Davvero si stenta a credere che in uno Stato di diritto una cosa del genere sia potuta accadere. Invece, non solo è accaduta, ma la legittimità di ciò è stata confermata a pieno titolo dalle Sezioni Unite (Cass. SS.UU. 6 settembre 2022 n. 26283) che, come se non bastasse, ne hanno sancito la retroattività facendo leva sul fatto che la norma incide sull’interesse ad agire.
Insomma, se la cartella di pagamento non è notificata, tanto meglio per l’Agente della riscossione: il ricorso presentato quando il contribuente ha contezza della pretesa è inammissibile. Il difensore non potrà che dire al proprio cliente di sperare in un’ipoteca e, se non ci sono immobili, in un pignoramento.
La stessa difesa erariale (vedasi il punto 11 della sentenza) “afferma che «nell’ultimo anno risultano instaurate soltanto circa 8.000 nuove controversie (di cui circa 6.700 entro la soglia di valore di € 5.000)»“.
I giudici evidenziano che per arginare ciò è stata compressa la difesa, siccome:
– “ad esempio, la tutela cautelare, richiesta al giudice tributario nell’occasione del ricorso avverso l’atto di pignoramento del conto corrente, potrebbe non giungere in tempo per evitarlo”;
– “ma soprattutto perché un vuoto di tutela potrebbe ingenerarsi in forza del fatto che potrebbe non esservi mai un successivo atto – sia perché non correttamente notificato, sia per inerzia della amministrazione finanziaria – che consenta di impugnare, indirettamente, anche la cartella (e, per il tramite di essa, il ruolo) non validamente notificata”.