Il professionista può ricoprire l’incarico di amministratore di una società solo al ricorrere di circostanze tassative

Di Monica VALINOTTI

La Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 26346, depositata ieri, ha fornito alcune utili precisazioni con riguardo al delicato tema dell’incompatibilità dell’esercizio della professione di dottore commercialista con altre attività e, nello specifico, con l’esercizio dell’attività d’impresa.

Nel caso di specie, la Cassa di previdenza dei dottori commercialisti (CNPADC) aveva “cancellato” – per l’avvenuto esercizio della professione in condizioni di incompatibilità – diverse annualità di contribuzione riguardanti un professionista che, nel periodo in considerazione, era stato socio di maggioranza e presidente del CdA (nonché, successivamente, amministratore unico) di una srl di cui aveva curato la contabilità, i rapporti con il personale e con le banche e le attività inerenti all’ambito amministrativo. I giudici di merito avevano, però, reputato illegittimo tale provvedimento.

La Cassazione ha preliminarmente confermato il potere della CNPADC di accertare situazioni di incompatibilità nell’esercizio della professione ai fini dell’annullamento di annualità contributive, anche in assenza di un precedente accertamento, con conseguente sanzione, da parte del competente Consiglio dell’Ordine (cfr. Cass. SS.UU. n. 2612/2017).

Si è poi sottolineato come, nel caso in questione, vengano in rilievo le norme che, nel tempo, hanno regolamentato i casi di incompatibilità nell’esercizio della professione di dottore commercialista e, in particolare:
– l’art. 3 comma 1 del DPR 1067/1953, ai sensi del quale al commercialista era vietato l’esercizio del commercio (in senso ampio) sia in nome proprio che in nome altrui;
– l’art. 4 comma 1 lett. c) del DLgs. 139/2005, che vieta al commercialista di esercitare l’attività d’impresa, in nome proprio o altrui, a prescindere dal fatto che tale attività sia abituale o prevalente.

Tali norme, precisa la Suprema Corte, pongono un divieto generale, per i commercialisti, di svolgere attività d’impresa; divieto che, oggi, non è meno cogente di quanto fosse nella sua precedente formulazione, anche se è mitigato dall’esistenza di alcune deroghe, comunque tassative.
L’attuale formulazione del citato art. 4 comma 1 lett. c) del DLgs. 139/2005, infatti, include tra le ipotesi di incompatibilità l’esercizio dell’attività d’impresa non solo in nome proprio, ma anche in nome altrui, attribuendo, inoltre, rilievo all’esercizio di attività di impresa in modo non abituale né prevalente.