Occorre chiedersi se la differenza rispetto agli altri rapporti prevista dal Ddl. sull’equo compenso sia giustificata

Di Maurizio MEOLI e Monica VALINOTTI

Il Ddl. sull’equo compenso, all’esame della Commissione Giustizia del Senato, non si occupa solo della determinazione di onorari equi nell’ambito dei rapporti professionali con i c.d. “contraenti forti”, ma incide, in tale contesto, anche sul regime della prescrizione dell’azione di responsabilità professionale.

L’art. 8 dispone che il termine di prescrizione per l’esercizio di tale azione decorre dal giorno del compimento della prestazione da parte del professionista.
La previsione sembrerebbe avere portata rilevante per i professionisti, la cui responsabilità professionale, di natura contrattuale, è soggetta al termine di prescrizione decennale.

Attualmente, infatti, il periodo in cui il professionista può incorrere nell’azione risarcitoria per responsabilità professionale è suscettibile di prolungarsi ben oltre il decennio dal compimento della prestazione, in conseguenza dell’interpretazione data all’art. 2935 c.c., ai sensi del quale la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.

In materia di responsabilità professionale, la giurisprudenza recente, salvo alcune eccezioni, tende ad escludere che tale momento coincida con quello in cui la prestazione è effettuata. L’ordinanza della Cassazione n. 8872/2021, ha precisato, con riferimento alla responsabilità del commercialista, che il termine decennale di prescrizione dell’azione di risarcimento decorre dal momento in cui il danno si è verificato. Tale momento, non solo non coincide con il compimento della prestazione, ma non può neppure coincidere con la notifica del processo verbale di constatazione, che non costituisce ancora un pregiudizio per il cliente.

Con riguardo alla responsabilità professionale dell’avvocato, la Suprema Corte ha statuito, nell’ordinanza n. 24270/2020, che, laddove l’illecito contrattuale consista nell’inadempimento del mandato di difesa in ambito giudiziario, si ha la certezza del conseguente danno soltanto quando si forma il giudicato del processo, per cui solo a partire da quel momento decorre la prescrizione del diritto risarcitorio ex art. 2935 c.c.

Analogamente, in ordine alla responsabilità professionale del notaio, la giurisprudenza di legittimità ha generalmente escluso che il termine di prescrizione decorra dal momento della stipula dell’atto, facendolo decorrere, invece, dal momento, successivo, in cui il danno si sia prodotto e sia divenuto percepibile da parte del cliente (cfr. Cass. n. 18606/2016).
Può dunque accadere che il professionista sia chiamato a rispondere di un errore commesso ben più di dieci anni prima, atteso che il compimento dell’atto dannoso non sempre causa immediatamente un danno percepibile da parte del cliente.

Alla luce dei precedenti esaminati, si manifesta la portata innovativa del Ddl. in commento. L’iniziativa appare finalizzata a bilanciare il diritto del cliente – sempre e comunque limitatamente alla categoria dei c.d. “contraenti forti”, con l’esclusione, quindi, di privati e imprese di dimensioni inferiori a quelle previste dall’art. 2 – ad ottenere il risarcimento del danno cagionato dal professionista nell’esercizio dell’attività, con il diritto di quest’ultimo a non permanere nell’incertezza di poter subire un’azione risarcitoria per un periodo indeterminato. Per quanto apprezzabile nelle sue finalità, tuttavia, la disposizione appare in grado di suscitare incertezze circa il suo rapporto con il citato art. 2935 c.c., come generalmente interpretato dalla giurisprudenza, e, probabilmente, anche qualche dubbio di legittimità costituzionale.

Considerata la formulazione della norma, il pensiero va alle osservazioni formulate con riferimento agli artt. 2393 comma 4 e 2395 comma 2 c.c., come sostituiti dal DLgs. 6/2003, ai sensi dei quali le azioni di responsabilità ivi disciplinate possono essere esercitate, rispettivamente, entro 5 anni dalla “cessazione dell’amministratore dalla carica” e dal “compimento dell’atto” pregiudizievole.

Sulla questione, autorevole dottrina ha osservato come la decorrenza della prescrizione da un momento in cui il danno potrebbe non essersi ancora verificato, o comunque non essere conoscibile, non sarebbe idonea a soddisfare il principio di effettività della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.), rischiando, in sostanza, di precludere la tutela giurisdizionale di un diritto prima che esso venga ad esistenza.

Tali disposizioni, secondo altri, potrebbero, inoltre, comportare la violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) in relazione alla diversa decorrenza della prescrizione per altre ipotesi di illecito aquiliano. Non pare potersi escludere che le osservazioni sopra esposte valgano anche per l’art. 8 del Ddl. in commento, che, analogamente alle norme ricordate, sarebbe potenzialmente idoneo a far decorrere la prescrizione da un momento in cui il danno non si è ancora prodotto. Occorre, inoltre, chiedersi se la differenza di trattamento che ne scaturisce, rispetto alla prescrizione delle azioni di responsabilità professionale instaurate con riferimento a rapporti intercorrenti con soggetti diversi dai contraenti forti possa ritenersi giustificata.