L’iscrizione nel «libro soci» è fonte di possesso in senso tecnico
La quota di partecipazione in una srl può essere oggetto di usucapione, stante la sua natura di bene mobile e la configurabilità del possesso continuato ed esclusivo della medesima, consistente nell’iscrizione dell’atto di acquisto nel “libro soci”.
Ad affermarlo è il Tribunale di Torino che, nella sentenza n. 5552/2021, ha avuto modo di pronunciarsi su di una questione – quella, appunto, della usucapibilità delle quote di srl – con riferimento alla quale si rinvengono pochi precedenti di merito editi.
Il ragionamento del Tribunale prende le mosse dall’indagine sulla natura giuridica della quota di partecipazione nella srl che, come riconosciuto, pressoché pacificamente, dalla giurisprudenza, anche di legittimità, esprime una posizione contrattuale obiettivata, che va considerata come un bene immateriale, equiparato ai beni mobili (artt. 812 e 813 c.c.) e soggetto alla relativa disciplina (cfr. Cass. nn. 22361/2009 e 697/1997).
Precisato, quindi, che la quota di partecipazione nella srl può essere considerata alla stregua di un bene mobile, il Tribunale si domanda se tale partecipazione sia suscettibile di un “possesso”, continuato ed esclusivo, che possa determinarne l’usucapione una volta decorsi i termini all’uopo previsti dalla legge.
I giudici torinesi giungono ad una conclusione positiva, riconoscendo all’iscrizione nel “libro soci” dell’atto di acquisto della quota di srl la fonte di un possesso in senso tecnico.
In particolare, si osserva come, prima dell’abolizione del “libro soci” ad opera della riforma del 2009 (cfr. art. 16 commi da 12-quater a 12-undecies del DL 185/2008, convertito), la giurisprudenza fosse concorde nel ritenere che l’iscrizione, in tale libro, dell’atto di acquisto della quota costituisse, nell’ambito delle srl, il presupposto indispensabile per l’esercizio dei diritti sociali, tra cui i diritti di intervento in assemblea e di voto, nonché per l’adempimento degli obblighi derivanti dalla partecipazione alla società (cfr. Cass. n. 19161/2007).
Tale indispensabilità si esplicava su due versanti complementari, essendo l’iscrizione in considerazione:
– da un lato, condizione necessaria per l’esercizio dei diritti sociali, non essendo ammessi equipollenti a tal fine (quali, per esempio, la conoscenza di fatto che gli amministratori avessero dell’avvenuto acquisto della quota);
– dall’altro lato, condizione sufficiente, considerato che gli amministratori non avrebbero potuto contestare l’esercizio del diritto a colui che risultava iscritto, anche disponendo della prova che all’iscrizione non corrispondesse una effettiva ed attuale titolarità della partecipazione.
In considerazione di quanto precede, si è rilevato come si manifesti, anche con riguardo alla quota di srl, il duplice aspetto del possesso ad usucapionem, consistente, da un lato, nell’esclusione degli altri pretendenti dalla possibilità di esercitare i diritti inerenti alla quota (essendo l’iscrizione condizione necessaria) e, dall’altro lato, nel potere del socio iscritto nel “libro soci” di esercitare in via di fatto tali diritti, anche allorché l’atto di acquisto della partecipazione sia invalido o inefficace, e quindi la titolarità competa a un terzo (essendo l’iscrizione condizione sufficiente).
Una volta ammesse la natura di bene mobile della quota di srl e la nozione estensiva di possesso della quota per il tramite dell’iscrizione nel “libro soci”, secondo il Tribunale appare logico e coerente trarre da queste premesse di diritto la conclusione che la quota di srl può essere usucapita.
E ciò, con la precisazione che il discorso non cambia per effetto dell’abolizione del “libro soci” e della previsione (ex art. 2470 c.c.) dell’iscrizione dell’atto di trasferimento nel Registro delle imprese; iscrizione che la giurisprudenza continua a riconoscere come condizione necessaria e sufficiente all’esercizio dei diritti di socio e quindi fonte di un potere di fatto.
La sentenza in considerazione dà altresì conto di un contrasto, esistente nella giurisprudenza di merito, circa il termine – decennale o quinquennale – da applicare ai fini dell’usucapione in discorso, sulla base della natura – di bene mobile o di mobile registrato – attribuita alla quota di srl (cfr., nel primo senso, Trib. Milano 13 marzo 2015 n. 3398 e, nel secondo, Trib. Milano 22 dicembre 2017 n. 12974). Il Tribunale di Torino non si pronuncia, tuttavia, sul merito della questione, avendo accertato, nel caso di specie, l’avvenuto decorso del termine decennale (e finanche di quello ventennale, ove si fosse ravvisata la mala fede dell’usucapiente).
Si è, infine, precisato che non costituisce atto interruttivo del possesso utile ai fini dell’usucapione l’invio di diffide o comunicazioni stragiudiziali, anche se aventi ad oggetto la richiesta di esercitare i diritti amministrativi di socio.
A tal fine, infatti, rilevano esclusivamente, oltre agli atti giudiziali finalizzati ad ottenere, per ordine del giudice, la privazione del possesso nei confronti del possessore “usucapiente”, solo gli atti che comportano, per quest’ultimo, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa (cfr. Cass. n. 11476/2019).