Il Governo studia la possibilità di limitare lo strumento per fasce di reddito. Con il DL Aiuti-quater confermate le misure contro il caro energia

Di SAVINO GALLO

Il meccanismo del credito d’imposta derivante da superbonus “sarà rivisto”, perché il Governo “non ritiene equo destinare una così ingente massa di risorse a una limitatissima fetta dei cittadini italiani, in modo indistinto per reddito, per prima e seconda casa”. Ad annunciarlo è il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, intervenuto ieri in audizione dinanzi alle Commissioni riunite speciali di Camera e Senato, per presentare la Nota di aggiornamento al DEF 2022, con la relativa integrazione, e la richiesta di scostamento di bilancio (entrambe approvate ieri dalle due Aule parlamentari).

Non è, dunque, solo una questione di risorse e coperture, che comunque, con l’aggiornamento delle previsioni tendenziali di finanza pubblica, si sono rilevate maggiori rispetto alle stime iniziali. “L’incremento – ha spiegato Giorgetti in proposito – segnala uno scostamento complessivo di 37,8 miliardi di euro sull’intero periodo. In particolare, per gli anni 2023-2026, i maggiori oneri determinano un maggior onere, con il conseguente peggioramento della previsione delle imposte dirette per importi compresi tra gli 8 e i 10 miliardi di euro in ciascun anno, che potrebbe pregiudicare l’adozione di altre tipologie di intervento”.

C’è anche un tema di equità. “Non sottovaluto – ha aggiunto il titolare del MEF – il contributo che ha dato questa misura in una fase particolarmente critica dell’economia del Paese, ma è tempo di una riflessione comune rispetto all’esperienza del superbonus”. Ci si avvia, dunque, non solo verso un abbassamento della percentuale di credito d’imposta maturabile (da più parti si parla del 90%, rispetto all’attuale 110), ma anche verso l’introduzione di prerequisiti legati alla fascia di reddito. “Il Governo sta ragionando su diverse ipotesi”, ha confermato Giorgetti, ma in ogni caso “sarà assicurata una adeguata fase transitoria, per evitare di ingarbugliare ulteriormente una situazione già di per sé ingarbugliata”.

Tali interventi saranno inseriti con ogni probabilità nella prossima legge di bilancio, mentre nell’immediato ci si concentrerà sul contrasto al caro-energia. Con il decreto “Aiuti-quater”, di imminente emanazione, saranno confermate fino a fine anno tutte le misure adottate dal Governo Draghi, per poi prorogarle ulteriormente almeno per i primi mesi del 2023 con la manovra.

In tutto, saranno utilizzati 9,1 miliardi (facendo ricorso all’indebitamento) per i crediti d’imposta per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, oltre che per il taglio delle accise su benzina, gasolio, GPL e gas naturale impiegati come carburanti (per quest’ultimo rimarrà fino al 31 dicembre la riduzione dell’IVA del 5%).

Il Governo, inoltre, “sta verificando la possibilità di impiegare le risorse disponibili della programmazione 2014-2020 dei Fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) per misure di riduzioni dei costi energetici di imprese e famiglie”. Tale possibilità, ha spiegato Giorgetti, “presuppone una modifica dei regolamenti europei che consenta maggiori margini in termini di ammissibilità delle misure ed una ricognizione delle effettive disponibilità dei programmi operativi, soprattutto nazionali”. In tal caso, le risorse rimborsate dall’Unione europea “potranno essere riassegnate ad un apposito Fondo, destinato a finanziare ulteriori misure di contrasto degli aumenti dei prezzi dell’energia”.

Nell’attesa, gli interventi dovranno essere finanziati in deficit. Per questo, l’Esecutivo chiede (e ottiene) l’autorizzazione alla revisione degli obiettivi programmatici di indebitamento per il prossimo triennio che, rispetto al precedente quadro programmatico, saranno incrementati di “0,6 punti percentuali nel 2023, 0,4 punti percentuali nel 2024 e 0,2 punti percentuali nel 2025”.

Così facendo si libererebbero risorse, sul 2023, per circa 21 miliardi che consentirebbero di prorogare le misure di contrasto del caro-energia e di adottare gli altri provvedimenti allo studio del Governo. Tra questi, “l’estensione della soglia di ricavi e compensi che consente ai soggetti titolari di partita IVA di aderire al regime forfetario e un regime sostitutivo opzionale (c.d. flat tax incrementale) per i contribuenti titolari di redditi da lavoro o di impresa non aderenti al regime forfetario”.

Quanto al regime forfetario, in campagna elettorale si è parlato della possibilità di portare la soglia da 65 a 100 mila euro, ma stando alle ultime indiscrezioni pare che si stia lavorando a un incremento fino a 85 mila euro. Riguardo, invece, alla flat tax incrementale, il meccanismo consentirebbe di applicare una “tassa piatta” del 15% ad una quota del reddito 2022 eccedente rispetto al più alto dei redditi registrati nei tre anni precedenti.

Il pacchetto delle misure tributarie dovrebbe poi prevedere ulteriori interventi di “tregua fiscale”, che saranno, ha concluso il titolare del MEF, “un utile sostegno alla liquidità nell’attuale contesto di crisi energetica e tensioni inflazionistiche”.