La sensibilità verso le tematiche ambientali, sociali e di governance è ancora poco sviluppata, ma cresce tra i giovani professionisti

Di SAVINO GALLO

Un commercialista su due (44%) ritiene che presidiare l’ambito della sostenibilità ambientale, sociale e di governance rappresenti un elemento chiave per il proprio studio e per la professione in generale, ma la quasi totalità (94%) dichiara di avere bisogno di formazione e non essere sufficientemente preparata per offrire una consulenza strategica in tale ambito che, anche per questo, rimane ancora poco battuto.

Sono alcuni dei risultati della ricerca condotta da Nomisma, nell’ambito di “Play Sustainability”, programma creato in collaborazione con la FNC che verrà presentato ufficialmente questa mattina a Bologna, durante il convegno nazionale organizzato dal CNDCEC e intitolato “Il valore della sostenibilità”. Il programma si pone l’obiettivo di consolidare la cultura della sostenibilità tra i professionisti e trasmettere l’urgenza del processo di transizione ecologica, oltre a veicolare il valore degli strumenti ESG (Environmental, Social, Governance) per valutazioni più efficaci e con minor rischio dell’attività d’impresa.

E da questo punto di vista, c’è ancora tanta strada da fare. Come dimostra l’indagine, condotta su un campione di 1.162 commercialisti di ogni parte d’Italia, sono ancora relativamente pochi i professionisti che offrono alle proprie imprese clienti servizi di consulenza strategica (33%) e finanziaria (24%), i due ambiti all’interno dei quali rientrano le tematiche legate alla sostenibilità. E tra gli studi che forniscono anche consulenza strategica, solo il 28% affronta le tematiche relative alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance. In pratica, si tratta di meno di un commercialista su 10 (9% del totale).

Quelli più orientati a offrire tale tipologia di servizi sembrano essere i giovani. Tra gli under 40, infatti, la percentuale di coloro che dimostrano elevata sensibilità verso la tematica passa dal 44% generale al 54%. Sulla base di tali dati, la ricerca traccia anche un profilo di quello che definisce il “commercialista sentinella”: giovani che lavorano in studi strutturati (più di 6 addetti), che offrono consulenza strategica e hanno imprese clienti che fanno parte del settore industriale e si sono già attivate sul tema della sostenibilità.

La poca diffusione di tali servizi riflette, evidentemente, la situazione del mercato, che sembra ancora poco interessato alla consulenza strategica in questo settore. Secondo i professionisti intervistati, le imprese sono ancora lontane dalla consapevolezza dell’importanza e della strategicità dei temi legati alla sostenibilità: soltanto il 9% appare motivato ad adottare azioni e strumenti per implementarla in azienda.

È vero che il 70% dei commercialisti dichiara di avere almeno un’impresa cliente che si è approcciata a tematiche sostenibili, ma si tratta per lo più di imprese di medie e grandi dimensioni, localizzate prioritariamente nel Nord Est e nel Nord Ovest del Paese, appartenenti soprattutto al comparto industriale.

Per quelle che hanno deciso di intraprendere questo tipo di percorso, la priorità sembra essere la sostenibilità sociale: il 49% ritiene strategico mettere in campo azioni volte ad accrescere il benessere dei dipendenti e a migliorare la sicurezza in ambiente lavorativo. Rivestono un’importanza secondaria, invece, sostenibilità di governance (etica, privacy, parità di genere, ecc.) e ambientale, sulla cui rilevanza converge, rispettivamente, il 39% e il 34% degli intervistati.

Attualmente, la metà delle aziende (50%) impegnate nel processo verso la sostenibilità sta procedendo in modo autonomo, mentre il 32% si è rivolta a consulenti finanziari e fiscali, e solo il 12% ha richiesto la consulenza del proprio commercialista, a cui si chiede soprattutto un supporto per l’ottenimento di incentivi (62%). Più in generale, ambiente e governance sono gli ambiti per i quali le imprese chiedono più frequentemente consulenza agli studi dei commercialisti.

“Da questa indagine – commenta Elbano de Nuccio, Presidente del CNDCEC – emerge un ritardo, sia tra le imprese che tra i professionisti, nella piena comprensione dei vantaggi che possono derivare dai temi legati alla sostenibilità. Si pone per entrambi la necessità di familiarizzare con adempimenti di cui al momento non sempre si riesce a percepire la portata, la sostanziale ineludibilità e il valore aggiunto. Sarà fondamentale per le aziende intuire l’importanza della consulenza strategica che i commercialisti potranno offrire. Dal canto nostro, dovremo essere preparati su attività che stanno evolvendo anche in funzione della nuova normativa europea: reporting, assurance, finanza. Con le imprese siamo chiamati a un cambio di paradigma culturale. Dobbiamo crescere insieme”.

“I dati emersi dall’Osservatorio – aggiunge Marco Mercantili, Responsabili Sviluppo e sostenibilità di Nomisma – ci confermano che esiste una fascia alta di imprese che si occupano di sostenibilità a differenza delle PMI che procedono ancora in modo incerto e inconsapevole. Il ruolo dei commercialisti è fondamentale perché sono le prime antenne che possono aiutare le imprese a crescere sotto il profilo della sostenibilità a patto che sviluppino il giusto profilo di competenze”.