Il rischio penale si evita a fronte di un adeguato contratto e della presenza di vantaggi compensativi

Di MAURIZIO MEOLI

In caso di fallimento della società di un gruppo che ricorre al cash pooling, ai fini della esclusione della bancarotta fraudolenta per distrazione a fronte di rimesse da essa operate su tali basi, occorre:
– da un lato, che i trasferimenti costituiscano modalità esecutive di un contratto – di cui deve esservi adeguata traccia documentale – idoneo a ragionevolmente disciplinare comportamenti che presentano un significativo grado di rischio per le condizioni economiche e patrimoniali delle società che vi partecipano, avendo cura di approntare un sistema di accordi e prestazioni che non sia immotivatamente pregiudizievole per alcuna delle società del gruppo;
– dall’altro, che tale contratto possa collocarsi nella logica dei c.d. vantaggi compensativi, propria dell’operatività di un gruppo di imprese, in base alla quale operazioni che, isolatamente considerate, evidenziano margini di rischio per una società, possano trovare giustificazione nei vantaggi che la medesima riceve da scelte gestionali poste in essere a suo vantaggio da altri enti del medesimo gruppo o dalla holding.
È questo l’importante principio enunciato dalla sentenza n. 37062/2022 della Cassazione.

Si ricorda che il cash pooling costituisce un accordo negoziale integrante una tipologia di conto corrente non bancario a causa mista – presentando anche elementi propri di un contratto di finanziamento – che intercorre tra diverse società (c.d. participants) facenti parte di un medesimo gruppo, impegnandole ad accentrare in capo ad un unico soggetto giuridico (la società pooler, generalmente la holding o la finanziaria del gruppo), la gestione delle rispettive liquidità e i relativi pagamenti.

Si intende, cosi, assicurare uno svolgimento efficiente dei rapporti tra le società del gruppo e gli istituti di credito, razionalizzando il complessivo utilizzo delle liquidità e scongiurando il rischio di diseconomie.
Potrebbe, infatti, accadere che, mentre una società disponga di risorse finanziarie (ovvero sia “in cash”) ed ottenga dalla banca una remunerazione per il deposito della propria liquidità, altra società versi in condizioni diametralmente opposte e sia, pertanto, costretta a ricorrere a linee di credito bancarie, pagando un determinato tasso di interesse.

In tali casi, il gruppo nel suo complesso rischia di subire il pregiudizio consistente nel saldo economico negativo tra tutte le società collegate e il ceto bancario. Evenienza che il meccanismo del cash pooling è in grado di neutralizzare attraverso il trasferimento dell’eccesso di liquidità della società “in cash” alla società pooler, che potrà, poi, disporre in favore dell’impresa che si trova in una condizione di tensione finanziaria, evitando che quest’ultima si debba avvalere del credito bancario, con i conseguenti maggiori oneri.

Tali modalità operative, in caso di fallimento di una società del gruppo, possono presentare il rischio della integrazione, soprattutto, della fattispecie di bancarotta fraudolenta per distrazione, in ragione della imprescindibile autonomia da riconoscere alle singole società del gruppo (cfr. Cass. n. 27420/2022 e Cass. n. 33774/2015).

Peraltro, evidenzia la decisione in commento, la Suprema Corte ha anche precisato come:
– i pagamenti in questione non configurino il reato di bancarotta per distrazione, potendo eventualmente essere ricondotti all’operatività del cash pooling, qualora ricorra la formalizzazione di tale contratto, con puntuale regolamentazione dei rapporti giuridici ed economici interni al gruppo (cfr. Cass. n. 34457/2018);
– in ogni caso, nessun sistema, comunque denominato, possa giustificare il passaggio di risorse da una società ad un’altra, seppure facenti parte dello stesso gruppo, in una situazione di conclamata sofferenza della società privata delle risorse, senza garanzia di restituzione dei valori trasferiti e al di fuori di un credibile programma di riassestamento del gruppo, che sia rivolto a superare prioritariamente le problematiche dell’ente in sofferenza (cfr. Cass. n. 51473/2019 e Cass. n. 22860/2019).

In pratica, in caso di fallimento della società di un gruppo connotato dal ricorso al cash pooling, ai fini della esclusione della fattispecie di bancarotta fraudolenta per distrazione a fronte di rimesse riconducibili a tale operatività da parte della società già in condizioni non floride, occorre, innanzitutto, la dimostrazione della previa esistenza di rapporti di gestione unitaria, deliberati nella prospettiva fisiologica dell’attività del gruppo.

A fronte di ciò, poi, quand’anche le rimesse dovessero apparire – isolatamente considerate ed in relazione alle singole imprese – penalmente rilevanti, l’intera operazione di cash pooling potrebbe ritenersi inoffensiva in ragione dell’esistenza di compensazioni comunque realizzate in conseguenza della partecipazione della singola società, apparentemente “depredata”, al gruppo; ciò secondo la logica dei vantaggi compensativi e, quindi, in presenza di evidenti benefici derivanti dalla partecipazione al gruppo di imprese.