Il Tribunale di Milano sottolinea come l’indipendenza debba essere anche «apparente»

Di Maurizio MEOLI

Il sindaco-revisore di una srl è privo della necessaria indipendenza se lo studio professionale incaricato dalla società per la consulenza fiscale e la tenuta della contabilità vede il figlio come principale associato. Di conseguenza, la nomina è nulla e non gli spetta alcun compenso.
Ad affermarlo è il Tribunale di Milano nel provvedimento del 16 giugno 2022.

Nel caso di specie, il presidente del Collegio sindacale, con funzione anche di revisione legale, di una srl fallita chiedeva l’ammissione allo stato passivo di quanto ancora dovutogli per lo svolgimento delle attività di controllo espletate. Il curatore del fallimento rigettava la richiesta rilevando come la srl avesse un contratto di consulenza fiscale e tenuta della contabilità con lo studio professionale che portava il suo cognome, integrando un rapporto continuativo di natura patrimoniale in grado di comprometterne l’indipendenza.

A tali rilievi il sindaco-revisore replicava sottolineando come lo studio portasse il suo cognome essendone associato (al 95%) il figlio, mentre lui non aveva in esso alcuna partecipazione, funzione o ruolo, ma il mero domicilio professionale.
A ciò ribatteva la curatela, deducendo, comunque, una stretta familiarità sia con lo studio associato, per la presenza “egemonica” del figlio, che con l’organo amministrativo della fallita, stante la durata ultratrentennale dell’incarico; invocava, quindi, la nullità della nomina a sindaco-revisore e la conseguente impossibilità di richiedere l’ammissione al passivo dei relativi compensi.

Il Tribunale rigetta il ricorso del sindaco-revisore.
Alla base della decisione viene posto l’art. 10 del DLgs. 39/2010 – in tema di indipendenza e obiettività dei revisori legali – e la lettura che di questa norma ha dato l’unico precedente di legittimità che, ad oggi, si sia soffermato su di essa (Cass. n. 14919/2019).
L’art. 10 del DLgs. 39/2010 stabilisce che il revisore legale e la società di revisione legale che effettuano la revisione legale, nonché qualsiasi persona fisica in grado di influenzare direttamente o indirettamente l’esito della revisione legale, devono essere indipendenti dalla società sottoposta a revisione e non devono essere in alcun modo coinvolti nel suo processo decisionale (comma 1). Il revisore legale o la società di revisione legale deve adottare tutte le misure ragionevoli per garantire che la sua indipendenza non sia influenzata da alcun conflitto di interessi, anche soltanto potenziale, o da relazioni d’affari o di altro genere, dirette o indirette, riguardanti il revisore legale o la società di revisione legale e, laddove applicabile, la sua rete, i membri dei suoi organi di amministrazione, i suoi dirigenti, i suoi revisori, i suoi dipendenti, qualsiasi persona fisica i cui servizi sono messi a disposizione o sono sotto il controllo del revisore legale o della società di revisione o qualsiasi persona direttamente o indirettamente collegata (comma 1-ter).

Sulla base di tale disposizione, la citata sentenza della Cassazione ha stabilito che il revisore legale di una società che fa parte del medesimo studio professionale di uno dei sindaci della stessa (al mero fine di condividere i costi) non possa dirsi indipendente e, quindi, la sua nomina è nulla e non ha diritto a percepire i relativi compensi. Ciò in quanto: per la salvaguardia dei requisiti di obiettività e indipendenza, di cui all’art. 10 del DLgs. 39/2010 (norma imperativa), nel concetto di “società” rientra anche l’organo societario del Collegio sindacale; i pur diversi ambiti operativi dei controlli potrebbero comunque venire in stretta relazione e trovarsi in una situazione di interferenza; di conseguenza, l’esistenza di un rapporto di natura patrimoniale, anche in senso lato, tra revisore e sindaco può essere potenziale fonte di reciproci condizionamenti; anche le modalità di nomina e revoca dei revisori legali sono tali per cui è necessario escludere, a priori, qualsiasi forma di condizionamento ed interessenza; con l’art. 10 del DLgs. 39/2010 è stato recepito il principio comunitario della cosiddetta indipendenza anche “in apparenza”, essendo necessario che il revisore, oltre ad essere indipendente, appaia anche tale agli occhi di terzi informati, obiettivi e ragionevoli.

A fronte di tutto ciò, i giudici milanesi ritengono la situazione del caso in esame idonea a compromettere la necessaria indipendenza, anche “apparente”, del sindaco-revisore, soprattutto alla luce del suo necessario intervento di controllo sul bilancio predisposto tramite lo studio professionale riconducibile al figlio.

Rispetto a tale decisione viene, peraltro, da chiedersi cosa sarebbe accaduto se il professionista in questione fosse stato solo sindaco e non anche revisore legale, con conseguente esclusione dai propri compiti dei pregnanti controlli sul bilancio riservati al revisore. Ciò stante, da un lato, la mancanza, nelle disposizioni del codice civile dedicate al Collegio sindacale, di una disposizione analoga all’art. 10 del DLgs. 39/2010, e, dall’altro, la presenza, tra i principi della Norma di comportamento CNDCEC n. 1.4, della necessità di evitare di essere associato a situazioni o circostanze dalle quali un terzo informato, obiettivo e ragionevole, trarrebbe dubbi circa la sua indipendenza.