La Cassazione si pone in contrasto con alcuni precedenti che hanno escluso l’applicabilità dall’art. 13-bis del DLgs. 74/2000

Di Maria Francesca ARTUSI

La preclusione al patteggiamento stabilita dall’art. 13-bis del DLgs. 74/2000 per il caso di mancata estinzione del debito tributario prima dell’apertura del dibattimento opera anche con riferimento al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Tale principio è stato precisato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 25656 depositata ieri, in contrasto con alcuni precedenti che invece ne avevano escluso l’applicabilità.

L’art. 13-bis comma 2 del DLgs. 74/2000 stabilisce che l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. possa essere chiesta dalle parti solo quando ricorra l’integrale pagamento del debito tributario – comprese sanzioni amministrative e interessi – anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie nonché tramite ravvedimento operoso.

Secondo la giurisprudenza prevalente, tale preclusione opera solo con riguardo ai più gravi reati dichiarativi di cui agli artt. 234 e 5, richiamati dall’art. 13 del DLgs. 74/2000 (causa di non punibilità), dal momento che, in tali ipotesi, l’integrale pagamento del debito effettuato prima del termine di apertura del dibattimento, ma dopo la formale conoscenza, da parte dell’autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, vale solo a ridurre il disvalore penale del fatto e non esclude la punibilità. Si ritiene, invece, che la disposizione non operi per i reati di omesso versamento di cui agli artt. 10-bis10-ter e 10-quater, richiamati dal comma 1 del medesimo art. 13, per i quali l’estinzione del debito determina la non punibilità e, quindi, non può valere quale condizione per accedere al patteggiamento (Cass. n. 9083/2021).

La sentenza in commento precisa, tuttavia, che che l’art. 13-bis prevede quale condizione di ammissibilità del patteggiamento nei reati tributari non la “restituzione del profitto”, ma il pagamento integrale di cui si è detto. In proposito, l’emissione delle fatture per operazioni inesistenti genera il debito tributario in quanto l’art. 21 comma 7 del DPR 633/1972 statuisce che “se il cedente o prestatore emette fattura per operazioni inesistenti, ovvero se indica nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura” (cfr. Cass. n. 11633/2022).

Tale interpretazione trova conferma anche nella giurisprudenza della sezione tributaria della Corte di Cassazione e, in particolare, nella sentenza n. 26983/2019, che ha affermato il principio per cui chiunque indichi l’IVA in una fattura o in ogni altro documento che ne fa le veci è debitore di tale imposta.

La giurisprudenza ha avuto modo di affermare che l’art. 21 comma 7 citato va interpretato nel senso che il corrispondente tributo viene, in realtà, a essere considerato “fuori conto”, e la relativa obbligazione, conseguentemente, “isolata” da quella risultante dalla massa di operazioni effettuate, ed estraniata, per ciò stesso, dal meccanismo di compensazione (tra IVA “a valle” e IVA “a monte”) che presiede alla detrazione d’imposta di cui all’art. 19 del medesimo DPR 633/1972. Ciò anche perché l’emissione di fatture per operazioni inesistenti ha da sempre costituito condotta penalmente sanzionata come delitto (cfr. Cass. nn. 12995/201414337/20027289/2001).

Poiché, dunque, l’emissione delle fatture per operazioni inesistenti genera l’obbligo del pagamento dell’imposta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura, ne consegue che per poter accedere al patteggiamento è necessario il pagamento integrale dei debiti tributari così come previsto dall’art. 13-bis comma 2 del DLgs. 74/2000.

Viene, quindi, considerato superato il principio espresso di recente dalla Cassazione n. 1582/2022, che ha ritenuto che all’art. 8 del DLgs. 74/2000 non si applichi tale condizione ostativa, in base al presupposto logico, prima ancora che giuridico, per cui la condizione di accessibilità al patteggiamento è rappresentata dal fatto che le condotte determinino un debito tributario a carico del loro autore che questi possa assolvere. Tale impostazione riteneva, per conseguenza, che la condizione di ammissibilità del patteggiamento non fosse applicabile né in relazione al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, in quanto sussiste pur in assenza di un’evasione di imposta, né in relazione al reato di distruzione od occultamento delle scritture contabili, la cui consumazione prescinde dall’evasione; tanto che per tali fattispecie non è stata ritenuta configurabile nemmeno la circostanza attenuante di cui al comma 1 del medesimo art. 13-bis del DLgs. 74/2000 (cfr. Cass. n. 9883/2020).