L’autorizzazione Ue necessita di un intervento da parte del legislatore nazionale

Di Luca BILANCINI e Simonetta LA GRUTTA

Alla ripresa delle attività dopo le feste natalizie un dubbio ricorrente riguarda le sorti della fattura elettronica per i soggetti in regime forfetario, dal momento che lo scorso dicembre il Consiglio Ue, nel consentire di imporre ai soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato l’obbligo di fattura elettronica anche per il triennio 2022-2024, ha autorizzato il nostro Paese a estendere tale obbligo anche agli operatori che si avvalgono della franchigia per le piccole imprese di cui all’art. 282 della direttiva 2006/112/Ce (si veda “Confermato ed esteso l’obbligo di fatturazione elettronica per il prossimo triennio” del 14 dicembre 2021).

Allo stato attuale, tuttavia, né il decreto “Fisco-lavoro” (DL 146/2021), né la legge di bilancio 2022 (L. 234/2021) e neppure il c.d. decreto “Milleproroghe” (DL 228/2021) hanno modificato le regole esistenti, sospendendo, di fatto, l’attuazione all’autorizzazione concessa dal Consiglio Ue; l’art. 1 comma 3 del DLgs. 127/2015, in base al quale non sono tenuti all’emissione di e-fattura mediante SdI i “soggetti passivi che rientrano nel cosiddetto «regime di vantaggio» (…) e quelli che applicano il regime forfettario (…)”, è dunque ancora in vigore.

È ragionevole ipotizzare che le novità, esplicitamente richieste dal nostro Stato, possano essere introdotte nel corso dell’anno. Per ottenere un’ulteriore proroga, allo scadere del nuovo triennio, occorrerà infatti dimostrare che l’obbligo ha avuto efficacia nel potenziare la lotta contro la frode e l’evasione fiscale. L’Italia dovrà accompagnare la richiesta con una relazione nella quale sia valutato “l’impatto della misura sui soggetti passivi, in particolare quelli che si avvalgono della franchigia per le piccole imprese di cui all’articolo 282 della direttiva 2006/112/CE” (si veda l’ottavo considerando della decisione Ue 2021/2251).
Perché detto impatto sia significativo, è presumibile che l’introduzione dell’obbligo avvenga in tempi relativamente brevi, pur nel rispetto delle tempistiche dettate dallo Statuto del contribuente, il quale statuisce che “le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti” (art. 3 della L. 212/2000).

In previsione delle novità si potrebbe comunque suggerire agli operatori che si avvalgono della franchigia per le piccole imprese di emettere e-fattura mediante SdI in via facoltativa, così da adeguare tempestivamente le procedure amministrative ed essere pronti al momento in cui l’obbligo verrà introdotto. Si tratta di una scelta già adottata, in particolare, da coloro che operano con soggetti di medio-grandi dimensioni, i quali possono meglio gestire contabilmente il documento elettronico ricevuto dal fornitore rispetto a quanto avverrebbe con quello cartaceo.

L’emissione su base volontaria della fattura elettronica da parte di minimi e forfetari potrebbe inoltre comportare un ulteriore vantaggio. Tali soggetti, qualora garantiscano la tracciabilità di tutti i pagamenti ricevuti ed effettuati per operazioni di ammontare superiore a 500 euro, possono beneficiare della riduzione di due anni dei termini di accertamento ai fini dell’IVA e delle imposte sui redditi (art. 3 del DLgs. 127/2015; si veda “Termini di accertamento e sanzioni ridotti con i pagamenti elettronici” di oggi).

Al fine della fatturazione in formato elettronico via SdI, i soggetti passivi possono fruire gratuitamente dei servizi messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, cioè a dire della procedura web presente sul portale “Fatture e Corrispettivi” o della app “Fatturae”, che consentono la predisposizione e la trasmissione del documento, nonché di un software per pc, che non permette l’invio, ma solo la generazione del documento XML.
Atteso che i soggetti in esame non esercitano la rivalsa dell’IVA, può essere utile ricordare che la fattura elettronica in luogo dell’imposta dovrà riportare il codice natura “N2.2” (Operazioni non soggette – altri casi).

Posto, inoltre, che, ai sensi dell’art. 39 del DPR 633/72, le fatture elettroniche devono essere conservate in modalità elettronica, forfetari e minimi che decidessero di emettere volontariamente il documento potrebbero avvalersi del servizio di conservazione gratuita dell’Agenzia.

Occorre, tuttavia, porre attenzione ad alcuni casi particolari. La fattura non deve essere emessa in formato elettronico da parte dei soggetti che effettuano prestazioni sanitarie in ambito B2C.

Il decreto “Fisco-lavoro” ha, infatti, prorogato anche per il 2022 il divieto di emissione di e-fatture mediante SdI da parte dei soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, con riferimento alle fatture relative a operazioni i cui dati devono essere inviati a detto Sistema TS e da parte di coloro che, pur non essendo tenuti a tale trasmissione, emettono fatture relative a prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche.
Forfetari e soggetti in regime di vantaggio sono, invece, tenuti a emettere fatture in formato elettronico per le operazioni effettuate nei confronti della P.A..