La Cassazione si è soffermata sui due reati commessi attraverso ricezione e trasferimento di assegni la cui provvista è provento di delitto

Di Maria Francesca ARTUSI

Secondo la giurisprudenza integra il delitto di riciclaggio la condotta di colui che, consapevolmente, ricevuti assegni la cui provvista è provento di delitto, li giri a terzi. Appare, invece, irrilevante la tracciabilità dell’operazione atteso che la ricezione delle somme portate nell’assegno e il successivo trasferimento a terzi costituiscono condotte idonee a ostacolare l’individuazione del provento delittuoso.

Con particolare riferimento alle operazioni bancarie è stato affermato che rileva ai fini del reato previsto dall’art. 648-bis c.p. il compimento di operazioni consapevolmente volte a impedire in modo definitivo, o anche a rendere difficile, l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità. Tra di esse rientra la condotta di chi deposita in banca denaro di provenienza illecita poiché, stante la natura fungibile del bene, in tal modo esso viene automaticamente sostituito con denaro pulito (Cass. n. 52549/2017). Analogamente, la sentenza n. 35260 depositata ieri dalla Corte di Cassazione ritiene che tale principio valga anche per il pagamento dei debiti e l’estinzione delle ipoteche mediante il versamento di somme provento di delitto a istituti di credito che integrano evidenti condotte di sostituzione mediante il trasferimento a diverso soggetto e l’impiego del capitale illecito.

Nel caso di specie, viene contestato il reato di riciclaggio nei confronti del soggetto che aveva sostituito il profitto del reato presupposto di appropriazione indebita estinguendo un credito vantato dalla banca nei confronti propri e del fratello (quest’ultimo autore del reato presupposto) ed estinguendo altresì l’ipoteca che la banca vantava su immobili al medesimo intestati.

Contestualmente, l’autore del reato presupposto – il fratello – viene ritenuto responsabile di autoriciclaggio ai sensi dell’art. 648-ter.1 c.p. Costui infatti non si era limitato a percepire il valore del vaglia circolare emesso dalla vittima dell’appropriazione indebita, ma aveva impiegato lo stesso in quelle operazioni bancarie appena descritte di estinzione di debito e delle ipoteche unitamente al fratello. Inoltre, un ulteriore assegno era stato versato a favore di una sas intestata a entrambi e dedita al commercio di automobili.

Secondo la Cassazione, appare evidente come le attività siffatte rientrino in tutti i parametri costitutivi il delitto di autoriciclaggio, posto che il profitto illecito era stato reimpiegato dall’autore del delitto presupposto in attività economiche e finanziarie.

L’autoriciclaggio, infatti, può essere configurato attraverso una condotta dissimulatoria allorché, successivamente alla consumazione del delitto presupposto, il reinvestimento del profitto illecito in attività economiche, finanziarie o speculative sia attuato attraverso la sua intestazione a un terzo, persona fisica ovvero società di persone o capitali, poiché, mutando la titolarità giuridica del profitto illecito, la sua apprensione non è più immediata e richiede la ricerca e individuazione del successivo trasferimento.
E l’applicazione di tale principio al caso in esame comporta affermare la riconducibilità di tali azioni all’ipotesi delittuosa di cui all’art. 648-ter.1 c.p., posto che il soggetto in questione non si limitava a ricevere il profitto dell’appropriazione indebita, ma poneva in essere proprio una condotta cronologicamente differente e autonoma (come si è detto, trasferendolo in massima parte ad un istituto bancario terzo ed anche ad una società in accomandita).

Da ultimo, viene integrata anche la fattispecie di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte così come prevista dall’art. 11 del DLgs. 74/2000 (“frode esattoriale”).

Gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato, oggettivamente idonei a eludere l’esecuzione esattoriale, hanno natura fraudolenta allorquando siano connotati da elementi di artificio, inganno o menzogna tali da rappresentare ai terzi una riduzione del patrimonio non corrispondente al vero, così mettendo a repentaglio o, comunque, rendendo più difficoltosa la procedura di riscossione coattiva (Cass. n. 35983/2020). Per tale ragione si è ritenuta integrata la fattispecie in relazione agli atti di costituzione del trust, conferimento degli immobili precedentemente donati, trasferimento al beneficiario compiuti dal soggetto imputato, che hanno determinato l’eliminazione della garanzia patrimoniale del debitore nei cui confronti l’Erario per un titolo superiore a 600.000 euro.

La sentenza in commento ricorda anche che il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte – qualora si articoli attraverso il compimento di una pluralità di trasferimenti immobiliari, costituenti una operazione unitaria finalizzata a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva – si perfeziona nel momento in cui viene realizzato l’ultimo atto dispositivo.