Il Tribunale, poi, deve approvare sulla base di quanto indicato nel verbale della specifica delibera

Di Maurizio MEOLI

La revoca dei sindaci non deriva automaticamente dall’esercizio nei loro confronti, con determinati quorum, di un’azione di responsabilità da parte della società, ma solo da una delibera assembleare di revoca per giusta causa sottoposta ad approvazione da parte del Tribunale. Tale valutazione giudiziale, necessaria anche nelle srl, è sostanzialmente limitata al merito della decisione di revoca e deve tenere conto esclusivamente di quanto indicato a giustificazione della decisione nel relativo verbale assembleare.
Sono queste le principali indicazioni che emergono dal provvedimento del Tribunale di Bologna del 4 marzo scorso.

Ai sensi dell’art. 2400 comma 2 c.c., i sindaci possono essere revocati solo per giusta causa. La deliberazione di revoca deve essere approvata con decreto dal Tribunale, sentito l’interessato.
Tale previsione, stante il richiamo alle disposizioni sul collegio sindacale di spa contenuto nell’art. 2477 comma 4 c.c., si applica anche all’organo di controllo di srl.
Nel caso di specie, proprio una srl deliberava di revocare per giusta causa i sindaci – in tesi corresponsabili, per omessa vigilanza, della mala gestio degli amministratori – e di promuovere azione di responsabilità contro gestori e controllori.

Con riguardo alla decisione di revoca si chiedeva, poi, la necessaria approvazione del Tribunale. I sindaci contestavano, sia formalmente che sostanzialmente, la decisione assembleare: per l’omesso inserimento all’ordine del giorno dell’assemblea dell’argomento specifico relativo alla votazione sulla revoca e per la mancata indicazione a verbale delle ragioni e delle circostanze che ne avrebbero costituito la “giusta causa”, non desumibili per relationem (ad esempio, dal ricorso ex art. 2400 comma 2 c.c. o dal verbale dell’assemblea che decideva per l’azione di responsabilità).

Il Tribunale di Bologna osserva, in primo luogo, come la revoca dei sindaci – diversamente da quanto accade, ex art. 2393 comma 5 c.c., per gli amministratori – non consegua automaticamente alla decisione di promuovere contro di essi, con determinati quorum (almeno 1/5 del capitale sociale), l’azione di responsabilità, necessitando comunque della successiva “ratifica” del Tribunale tesa a verificare, a garanzia della indipendenza e della stabilità dell’organo di controllo, l’esistenza di una “giusta causa” (cfr. Cass. n. 27389/2005).

Tale giusta causa si presenta come “nozione aperta”, ma tendenzialmente è ricondotta a qualsiasi situazione che faccia venire meno il rapporto fiduciario tra soci e controllori. Peraltro, se è vero che, di per sé, non può dirsi implicante una giusta causa di revoca la scelta di proporre l’azione di responsabilità nei confronti degli stessi, è altrettanto vero che gli elementi che sono addotti a supporto dell’azione di responsabilità potrebbero integrare anche la giusta causa di revoca.

L’autonoma iniziativa di revocare i sindaci, comunque, presuppone un’apposita delibera che ne indichi le ragioni sottoponendole alla valutazione di tutti gli interessati, nell’ambito di un idoneo contraddittorio. Contraddittorio che si concretizza, prima, in assemblea, e, poi, dinanzi al Tribunale, una volta chiamato all’approvazione della delibera previo accertamento dell’esistenza di una giusta causa. Da parte di quest’ultimo, inoltre, secondo i giudici bolognesi, non sarebbe da escludere anche una verifica sulla formale correttezza della delibera assembleare.

Tuttavia, trattandosi di un accertamento tipicamente sommario, si reputa ragionevole ritenere che non tutti gli aspetti riconducibili alla validità formale della delibera siano da considerare, trovando essi la loro sede tipica di accertamento in apposite e distinte azioni di cognizione – con la denuncia di nullità/annullabilità – una volta terminata la sequenza procedimentale preordinata alla revoca, e destinata a realizzarsi solo con l’emissione del decreto del Tribunale (il provvedimento in esame, quindi, contrariamente a quanto stabilito da Cass. n. 14778/2012, sembra aprire ad un controllo formale della delibera di revoca, comunque escludendolo in ordine alla contestazione relativa all’omesso inserimento della revoca nell’ordine del giorno dell’assemblea).

Ad ogni modo, per addivenire alla revoca in questione è necessario che il verbale della relativa delibera ne precisi i motivi, non potendo gli stessi essere indicati per la prima volta nel ricorso ex art. 2400 comma 2 c.c. Ciò allo scopo di garantire la corretta instaurazione del contraddittorio tra i soci, gli amministratori e gli stessi sindaci già in sede di delibera assembleare, perché l’approvazione da parte del Tribunale rappresenta solo il momento conclusivo di un iter procedimentale che deve considerarsi iniziato già nel momento “stragiudiziale”.

Tutto ciò premesso, nel caso di specie, il Tribunale di Bologna reputa le indicazioni riportate nel verbale non sufficienti per suffragare la decisione di revoca per giusta causa. Sembra, infatti, che solo nel ricorso risultasse precisato come la revoca dei sindaci derivasse dal fatto che essi non avessero adempiuto diligentemente i propri doveri poiché, pur conoscendo ed evidenziando nell’ambito della propria attività di vigilanza le “criticità” dell’operato degli amministratori, non avevano posto in essere tutto quanto possibile per impedire o limitare il danno derivante dalla mala gestio.