Tesi non condivisibile, in quanto l’accertamento è un atto recettizio

Di Alfio CISSELLO

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 396 pubblicata ieri, specifica che il ravvedimento operoso, in relazione all’anno 2015, non può avvenire oltre il 31 dicembre 2020, in quanto non sono stati postergati i termini per le dichiarazioni integrative.
Viene così confermata la precedente risposta a interpello n. 620 del 24 dicembre 2020, e bypassata, in modo forse un po’ sbrigativo, la diversa risposta resa in via ufficiosa nel Videoforum di Italia Oggi del 14 gennaio 2021.

In breve, la tesi dell’Agenzia delle Entrate è la seguente.
La dichiarazione integrativa, come specifica l’art. 2 del DPR 322/98, va presentata entro i termini decadenziali di accertamento.
Se si tratta di periodo d’imposta 2015 (dichiarazione presentata nel 2016), occorre pertanto trasmetterla entro il 31 dicembre 2020.

Non si può sostenere che trovi applicazione la proroga dell’art. 157 del DL 34/2020, secondo cui gli accertamenti in scadenza al 31 dicembre 2020 vanno emessi, quindi sottoscritti dal funzionario competente, entro il 31 dicembre 2020, ma notificati dal 1° marzo 2021 al 28 febbraio 2022.
La proroga riguarderebbe in sostanza solo le Entrate e, non avendo il DL 34/2020 prorogato anche i termini per le dichiarazioni integrative, il ravvedimento rimane soggetto allo “sbarramento temporale” del 31 dicembre 2020.

Tale tesi è di certo censurabile.
Nel momento in cui vengono prorogati i termini di notifica dell’accertamento, va da sé che i termini per la dichiarazione integrativa/ravvedimento operoso debbano andare di pari passo.
Invece, secondo la posizione della risposta n. 396, il ravvedimento è inibito, dunque il contribuente che non intenda contestare l’accertamento non può che fruire dell’acquiescenza (art. 15 del DLgs. 218/97) o della definizione delle sanzioni (art. 17 del DLgs. 472/97), con aggravio in termini di sanzioni e interessi.
Del pari, è inibita, dopo il 31 dicembre 2020 e per l’anno 2015, la dichiarazione integrativa a favore del contribuente.
Ciò che desta perplessità è però il dietrofront rispetto a quanto era stato affermato, sia pure in via solo ufficiosa, durante le risposte al Videoforum lo scorso gennaio.

Per le Entrate, la risposta riguardava una violazione già constatata, allora il discorso sarebbe diverso.
Dunque, se la violazione, ad esempio, fosse stata “constatata” mediante verbale di constatazione o questionario nel corso del 2020, il ravvedimento rimarrebbe possibile sino al febbraio 2022 ancorché l’accertamento sia stato emesso entro fine 2020?
Sembrerebbe di sì, ma, se così fosse, non si vede davvero la ragione per inibire il ravvedimento per le violazioni non constatate.
Pare che, al fine di bypassare quanto detto a gennaio 2021, pur di “ritornare” alla risposta n. 620, si sia adottato un criterio interpretativo alquanto traballante.