Elementi da valutare sono l’eventuale riaddebito al committente o la finalità di rappresentanza

Di Luca FORNERO

Nella compilazione del quadro RE del modello REDDITI, gli esercenti arti e professioni devono porre particolare attenzione nell’indicazione delle spese di vitto e alloggio, da allocare in righi differenti secondo la loro natura.

In generale, le spese relative a prestazioni alberghiere e alla somministrazione di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75% del loro ammontare e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2% dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta (art. 54 comma 5 del TUIR).
Secondo quanto precisato dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 34/2009 con specifico riferimento al reddito d’impresa, si applica il minore dei due limiti, vale a dire quello che consente una deduzione inferiore.

In pratica, per i titolari di reddito di lavoro autonomo, le spese di vitto e alloggio devono essere:
– in via preliminare, assoggettate al limite di deducibilità del 75%;
– poi, sottoposte al limite di deducibilità del 2% dei compensi.

Considerando un professionista con compensi pari a 100.000 euro e spese di vitto e alloggio pari a 3.000 euro, si procede come segue:
– applicazione del limite del 75% (3.000 × 75% = 2.250);
– applicazione del limite del 2% sui compensi (100.000 × 2% = 2.000).

Nel rigo RE15 (“Spese per prestazioni alberghiere e per somministrazione di alimenti e bevande in pubblici esercizi”) occorre riportare 2.000, sia nella colonna 1 (“Spese non addebitate analiticamente al committente”), sia nella colonna 3 (“Ammontare deducibile”).

Laddove tali oneri siano riaddebitati in fattura al committente, i suddetti limiti di deducibilità non si applicano. Nel rigo RE15, è stato previsto il campo 2 (“Spese addebitate analiticamente al committente”) per evidenziare separatamente tali costi. Considerando i dati dell’esempio, occorrerebbe riportare 3.000 sia nella colonna 2, sia nella colonna 3.

Se le spese alberghiere e di ristorazione sono sostenute per finalità di rappresentanza, esse sono deducibili nella misura del 75%, nel limite dell’1% dei compensi ex art. 54 comma 5 del TUIR (circ. Agenzia delle Entrate n. 34/2009, § 5.2).
In pratica, le spese di vitto e alloggio qualificabili come “spese di rappresentanza” sono:
– in via preliminare, assoggettate al limite di deducibilità del 75%;
– in secondo luogo, sommate alle altre spese di rappresentanza;
– infine, sottoposte al limite di deducibilità dell’1% dei compensi.

Si supponga che, nel periodo d’imposta 2020, un professionista abbia:
– percepito compensi di importo pari a 200.000 euro;
– sostenuto spese di rappresentanza di importo pari a 2.500 euro, delle quali 800 euro relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande.

Si opera come segue:
– il limite del 75% viene applicato alle spese di vitto e alloggio (800 × 75% = 600 euro);
– l’ammontare così ottenuto (600 euro) si somma all’importo delle altre spese di rappresentanza (1.700 euro), per un totale di 2.300 euro;
– si applica il limite dell’1% dei compensi (200.000 × 1% = 2.000).

L’importo deducibile è pertanto pari a 2.000 euro. L’importo di 500 euro è quindi definitivamente indeducibile.

Ove sostenute con finalità di rappresentanza, le spese di vitto e alloggio devono essere indicate, per il 75% del loro importo, nella colonna 1 (“Spese alberghiere, alimenti e bevande”) del rigo RE16 (nel quale, nel nostro caso, occorrerà quindi esporre 600).

Atteso che l’importo deducibile delle spese di rappresentanza, indicato nella colonna 3 (“Ammontare deducibile”) del medesimo rigo, deve corrispondere alla somma degli importi indicati nelle colonne 1 e 2 (“Altre spese”), le spese di rappresentanza (diverse da vitto e alloggio) sono indicate nella colonna 2 per l’importo deducibile (1.400 e non 1.700). Il totale deducibile di 2.000 (600 + 1.400) deve poi essere riportato nella colonna 3.