Non rileva la pretesa natura istituzionale e non commerciale di somme confluite sul conto corrente

Di Stefano COMELLINI

L’omessa tenuta della contabilità rende legittimo il sequestro in forma diretta sul conto corrente di un ente non commerciale per il reato di dichiarazione infedele (art. 4 del DLgs. n. 74/2000), a nulla rilevando la pretesa natura istituzionale e non commerciale di somme confluite sullo stesso.
In questo senso, con la sentenza n. 19163 depositata ieri, si è espressa la Cassazione, nel valutare il ricorso del legale rappresentante di una Fondazione Onlus che si era visto rigettare un appello cautelare avverso il sequestro, pur avendo addotto, nel grado di merito, che sul conto bancario erano confluiti finanziamenti pubblici regionali.

Si era infatti ritenuto, a sostegno del vincolo, che la mancanza di contabilizzazione costituisse conferma del nesso di derivazione con il detto reato tributario, avendo consentito l’alterazione della contabilità e la contestuale evasione di imposta. Il thema decidendum era, quindi, se si potesse distinguere, come richiesto dal ricorrente, tra attività istituzionali dell’ente, come tali prive di scopo di lucro, e attività commerciali connesse, foriere per la Onlus di fondi per la sua attività principale; con la conseguenza, secondo la prospettazione difensiva, che le prime dovessero considerarsi esenti, sia dalle imposte che dall’obbligo della dichiarazione e le seconde sottratte alla tassazione, ma non all’obbligo della dichiarazione fiscale.

La Corte, nel respingere il ricorso, ha inteso porre in decisiva evidenza non il titolo di quanto ricevuto dall’ente, bensì la mancata contabilizzazione delle somme transitate sul conto corrente attinto dal disposto sequestro. Infatti, anche a voler ritenere che su di esso confluissero esclusivamente le provvidenze di natura pubblica, con conseguente esclusione dei contributi destinati allo svolgimento di attività connesse, questo non portava a escludere, si legge in sentenza, che si trattasse comunque di somme soggette all’obbligo di contabilizzazione, indipendentemente dal fatto che fossero esenti da tassazione e dall’obbligo della relativa dichiarazione fiscale.

A tal fine, la Cassazione ha richiamato le disposizioni del DPR 600/1973 che obbligano gli enti che non svolgono attività commerciale a specifici oneri di contabilizzazione. In primis, l’art. 20-bis ove si dispone, a pena di decadenza di benefici fiscali a essi riservati, che tali enti debbano, in relazione all’attività complessivamente svolta (comprensiva sia dell’attività istituzionale, sia delle attività connesse), redigere scritture contabili cronologiche e sistematiche atte a esprimere, con compiutezza e analiticità, le operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione, e rappresentare adeguatamente in un apposito documento, da redigere entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale, la situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’organizzazione, distinguendo le attività direttamente connesse da quelle istituzionali (documento che coincide con il bilancio o rendiconto annuale, la cui redazione è altresì prevista dall’art. 10 comma 1 lett. g del DLgs. 460/1997); con obbligo di conservare le stesse scritture e la relativa documentazione per un periodo non inferiore a quello indicato dall’art. 22 del DPR 600/1973, stabilendo comunque detta norma tali obblighi si considerano assolti qualora la contabilità consti del libro giornale e del libro degli inventari, tenuti ai sensi degli artt. 2216 e 2217 c.c.

A corredo di quanto riportato in sentenza, riteniamo utile ricordare che la riforma del Terzo settore (DLgs. 117/2017), oltre ad avere sostituito la denominazione di Onlus (“Organizzazioni non lucrative di utilità sociale”) con quella di “Enti del Terzo settore non commerciali”, ha abrogato gli artt. 20-bis del DPR 600/1973 e 10 del DLgs. 460/1997 a decorrere dal termine, non ancora compiutosi, previsto dall’art. 104 del DLgs. 117/2017. Peraltro, le argomentazioni della Corte possono validamente riflettersi negli artt. 87 e 13 del DLgs. 117/2017 che ricalcano le citate disposizioni.

Gli stringenti obblighi di contabilizzazione a carico degli enti non commerciali, ancorché semplificati rispetto alla disciplina delle imprese commerciali, trovano ragione nel garantire trasparenza ed efficienza nella loro gestione a fronte delle rilevanti agevolazioni fiscali loro riconosciute.

La Corte, pertanto, aderendo alle argomentazioni del giudice di merito, ha evidenziato come in assenza della suddetta contabilità – dalla quale soltanto sarebbe stato possibile verificare la destinazione effettiva dei contributi di natura pubblica accreditati alla Fondazione agli scopi per i quali erano stati erogati – anche le somme sequestrate fossero correttamente confluite nella ricostruzione della base imponibile sulla quale era stato compiuto il calcolo delle imposte evase.
Proprio dalla mancata contabilizzazione discendeva, infatti, la preclusione alla tracciabilità degli importi erogati dalla Regione per le finalità istituzionali dell’ente, e la conseguente inclusione sia degli accrediti, sia dei prelievi tra le operazioni non giustificate, posto che la circostanza che si trattasse di un conto corrente dedicato alle provvidenze di natura pubblica non era idonea a superare il mancato adempimento degli obblighi relativi alla loro contabilizzazione.