Il valore da liquidare è da definire alla data del decesso del socio

Di Maurizio MEOLI

In caso di decesso di uno dei due soci di una snc e di mancata redazione o contestazione della situazione patrimoniale tesa a quantificare il valore della quota da liquidare agli eredi del defunto, è onere del socio superstite dimostrare quale sia l’effettiva consistenza del patrimonio sociale nel giorno in cui si è verificata la morte dell’altro socio. Non può ricondursi alla situazione patrimoniale normativamente richiesta un semplicistico prospetto entrate/uscite, privo di adeguato supporto documentale, dal quale emergerebbe un valore della quota da liquidare assolutamente esiguo.

Il fatto che il socio superstite, del tutto pretestuosamente, si sottragga alla produzione della documentazione contabile indispensabile alla ricostruzione dell’effettiva situazione patrimoniale della società, dando origine alla lite e perpetuando inutilmente il contenzioso, si risolve in un abuso del processo implicante la condanna al pagamento, ai sensi dell’art. 96 comma 3 c.p.c., di una sanzione equitativamente determinata. Sono queste le principali indicazioni desumibili dalla sentenza n. 567 del Tribunale di Milano, depositata lo scorso 28 gennaio.

Della snc del caso di specie erano soci Tizio, al 66,66%, e Caio, al 33,33%. Decorsi quasi sei mesi dal decesso di Caio, Tizio comunicava al suo unico erede (Sempronio) la decisione di liquidargli la quota riconoscendogli un valore di 485 euro. Ciò sulla base di un prospetto entrate/uscite da cui emergeva un debito della società verso Tizio di circa 135.000 euro, privo di qualsiasi giustificazione, un’inspiegabile sottovalutazione dei beni mobili e immobili della società e il ribasso immotivato del valore delle rimanenze di magazzino da 70.000 euro, dei due anni precedenti, a 4.815 euro. Al decorso dei sei mesi dalla morte di Caio, la società veniva sciolta, per la mancata ricostituzione della pluralità dei soci ex art. 2272 n. 4 c.c., e messa in liquidazione, con assunzione della carica di liquidatore da parte dello stesso Tizio.

Quest’ultimo, peraltro, non solo si rifiutava di consegnare a Sempronio la documentazione contabile a supporto della contestata valorizzazione della quota del socio defunto – invitandolo ad attendere per la quantificazione definitiva della quota la liquidazione del patrimonio sociale – ma, addirittura, pretendeva, in esito alla liquidazione, il pagamento della somma di circa 11.000 euro a titolo di rimborso dei contributi versati all’INPS per conto di Caio. Sempronio, quindi, agiva in giudizio per ottenere, previo accertamento del valore effettivo della quota di Caio al momento del decesso, la condanna di Tizio al pagamento in proprio favore della somma corrispondente.

Il Tribunale di Milano accoglie la domanda giudiziale.
Si osserva, innanzitutto, come, in caso di morte di uno dei due soci di una snc sorga, a favore dell’erede, il diritto al pagamento di una somma di denaro corrispondente al valore della quota sociale alla data del decesso; ciò in base all’art. 2289 c.c., dettato per il decesso del socio di società semplice, ma applicabile alla snc in forza del richiamo operato dall’art. 2293 c.c. Né il sopravvenuto scioglimento della società per effetto della mancata ricostituzione della pluralità dei soci nei sei mesi successivi al decesso del socio può trasformare il diritto di credito degli eredi del socio defunto al pagamento di una somma corrispondente al valore della quota del socio deceduto, in diritto a partecipare alla liquidazione del patrimonio della società (cfr. Cass. n. 8670/2000). Come detto, poi, la situazione patrimoniale cui si riferisce l’artt. 2289 c.c. va rapportata all’effettiva consistenza del patrimonio sociale al momento dello scioglimento. Non può, dunque, farsi semplice riferimento all’ultimo bilancio sociale, ma deve essere redatta una situazione patrimoniale ad hoc, che rappresenti l’effettiva consistenza economico/patrimoniale dell’azienda sociale all’epoca dello scioglimento del rapporto nei confronti del socio (Cass. n. 5449/2015).

Nell’ipotesi di mancata redazione o contestazione della situazione patrimoniale posta a fondamento della quantificazione della quota, poi, è onere del socio superstite, a prescindere dal fatto che il defunto fosse o meno socio amministratore, dimostrare quale fosse la situazione patrimoniale nel giorno in cui si è verificata la morte del socio, mediante la produzione in giudizio delle scritture contabili della società (Cass. nn. 4260/2020 e 19305/2018).

Dal mancato assolvimento di tale onere probatorio il giudice può trarre argomenti di prova, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., ai fini della soluzione di specifiche contestazioni. Nella specie, a fronte delle specifiche contestazioni di Sempronio, Tizio non produceva in giudizio le scritture contabili della società a supporto di quanto indicato nel prospetto inducendo il giudice a escludere il debito della società verso lo stesso e a rettificare il valore dei beni sociali e delle rimanenze di magazzino. Ne conseguiva un valore della quota da liquidare a Sempronio rideterminato in circa 69.000 euro; importo al cui pagamento era condannato Tizio. A tale somma, peraltro, si aggiungevano le spese legali, per circa 13.000 euro, e la sanzione ex art. 96 comma 3 c.p.c., per abuso del processo, equitativamente determinata in misura pari alla metà della somma liquidata a titolo di spese legali.