Tale impostazione sembrerebbe privilegiata dall’Agenzia delle Entrate rispetto al criterio «alternativo» reddituale

Di Emanuele GRECO

Il contributo a fondo perduto introdotto dall’art. 1 del DL 41/2021 ha, tra i requisiti di applicabilità, per i soggetti che hanno attivato la partita IVA prima del 1° gennaio 2019, una riduzione del fatturato medio mensile o dei corrispettivi del 2020 rispetto al 2019 che sia almeno pari al 30%.

In termini generali, per effetto del comma 4 dell’art. 1 del DL 41/2021, al fine di determinare correttamente i predetti importi, si fa riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o prestazione di servizi.
Si tratta di un criterio che non può, evidentemente, essere omnicomprensivo, considerato che esistono soggetti che non hanno la possibilità di determinare il fatturato, in quanto esonerati dall’emissione della fattura e non effettuano operazioni ricadenti negli obblighi di certificazione dei corrispettivi.

In un precedente intervento, ci si era posti il dubbio rispetto a quale criterio dovessero adottare i soggetti in regime forfetario di cui all’art. 1 comma 54 ss. della L. 190/2014, presupponendo che, in capo a tali soggetti, i controlli in merito alla spettanza del contributo potessero ragionevolmente essere operati dall’Amministrazione finanziaria, in via automatica, solamente sulla base dei componenti positivi di reddito dichiarati nel quadro LM del modello REDDITI PF, atteso l’esonero dalle liquidazioni IVA periodiche e dalla presentazione della relativa dichiarazione annuale (si veda “Raffronto del fatturato 2020 e 2019 per il contributo del decreto Sostegni” del 23 marzo 2021).

La questione riveste particolare interesse, ai fini dell’accesso e del calcolo del contributo ex art. 1 del DL 41/2021, per il fatto che i soggetti in regime forfetario potrebbero avere emesso documenti alla fine di ciascun anno rilevante per il calcolo del contributo (2019 o 2020), per i quali il corrispettivo è però pagato in un periodo d’imposta successivo (rispettivamente, 2020 o 2021).

Si tratta di una circostanza che si verifica con maggiore frequenza a fine anno (ad esempio, per conguagli), piuttosto che tra un mese e l’altro (come avveniva nel caso dei precedenti contributi a fondo perduto).
A fronte di una valutazione del calo del fatturato sulla base dei documenti emessi ovvero sui ricavi o compensi percepiti, in virtù del criterio di cassa, potrebbe esserci un effetto differente rispetto al calcolo del contributo a fondo perduto.

Anche se la Relazione tecnica al DL 41/2021 fa espresso riferimento ai componenti positivi di reddito, la soluzione proposta dall’Agenzia delle Entrate, anche in alcuni recenti tavoli di lavoro, è quella di dare privilegio al dato del “fatturato”, vale a dire considerare il momento di emissione del documento con cui i soggetti in regime forfetario hanno certificato il corrispettivo delle cessioni e/o prestazioni dell’anno di riferimento (2019 o 2020).

Ciò significa che il calcolo del contributo deve tenere conto dei documenti aventi data di emissione compresa tra il 1° gennaio 2019 e il 31 dicembre 2019, da raffrontare con quelli recanti data compresa tra il 1° gennaio 2020 e il 31 dicembre 2020, a prescindere dal momento di pagamento del corrispettivo.
Questa interpretazione, secondo l’Agenzia delle Entrate vale anche per i precedenti contributi a fondo perduto (DL “Rilancio”, DL “Ristori” e DL “Agosto”),

In buona sostanza, l’Agenzia delle Entrate ritiene che anche i soggetti che applicano il regime forfetario, pur non essendo tenuti alla rivalsa dell’IVA ed essendo esonerati dalla generalità degli obblighi di cui al DPR 633/72 (per espressa previsione dell’art. 1 comma 59 della L. 190/2014), siano comunque sottoposti all’obbligo di emissione della fattura.
In questo senso, deve essere segnalata la risposta a interpello n. 232/2020, ove si afferma che un compenso spettante a un soggetto in regime forfetario “va (…) documentato con fattura, ordinaria o semplificata, in formato analogico oppure, facoltativamente, elettronico (cfr. articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 157)”.