L’appalto è fittizio se il datore gestisce solo gli aspetti amministrativi del rapporto, senza coordinare il lavoratore e assumere un rischio economico

Di Giosafat RIGANÒ

La sentenza n. 1754/2021, con cui la Cassazione ha recentemente ribadito che l’appalto è illecito se l’appaltatore si limita a mettere a disposizione del committente i lavoratori, avendo solo compiti di gestione amministrativa del rapporto di lavoro (quali il pagamento della retribuzione, l’assegnazione delle ferie, l’assicurazione della continuità della prestazione mediante le opportune sostituzioni), offre lo spunto per tornare sulla distinzione tra appalto lecito e appalto illecito.

Al riguardo, è opportuno premettere che l’appalto illecito si realizza se è accertato che l’appaltatore, nella gestione dell’appalto, non predispone di una propria organizzazione dei mezzi e non assume il rischio d’impresa.

Viceversa, non è ritenuta indispensabile la componente materiale nella gestione dell’appalto, soprattutto in quelli a “bassa intensità organizzativa”, in cui è predominante l’organizzazione dei dipendenti a opera dell’appaltatore.
Ciò, ad esempio, si verifica: nel settore del terziario avanzato, in cui gli appalti si realizzano con il necessario uso di mezzi e strutture di alto valore economico del committente; nel caso in cui per l’esecuzione dell’appalto sia necessario l’uso di uno specifico macchinario; nel caso in cui il committente fornisca le materie prime a garanzia della qualità del prodotto da realizzare o perché devono essere trasformate dall’appaltatore; nel caso in cui l’appaltatore esegua l’attività sulle attrezzature fornite dall’appaltante (c.d. hardware) utilizzando beni immateriali (c.d. know how).

Una specificazione del requisito dell’organizzazione dei mezzi necessari è l’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, che si realizza quando è l’appaltatore a decidere le modalità operative di lavoro e i tempi di lavorazione.

La Cassazione ha chiarito che l’appalto espletato con mere prestazioni di manodopera è lecito purché il requisito della “organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore” costituisca un servizio in sé, svolto con organizzazione e gestione autonoma dell’appaltatore, senza che l’appaltante, al di là del mero coordinamento necessario, eserciti diretti interventi dispositivi e di controllo sui dipendenti dell’appaltatore (Cass. nn. 24386/2020 e 12551/2020).
Quindi, i “contatti” che si verificano nell’esecuzione della prestazione di lavoro non possono considerarsi una ingerenza nell’organizzazione dell’appaltatore, se fisiologici allo svolgimento dell’attività appaltata, la quale può essere svolta a contatto con il personale del committente. Del resto, la Cassazione ha ritenuto la legittimità in capo all’appaltante di un potere di coordinamento, anche per verificare la regolarità dell’adempimento (Cass. n. 22796/2020).

Deve essere l’appaltatore ad assumere il rischio d’impresa, ossia la possibilità di non riuscire a coprire, con il corrispettivo pattuito, tutti i costi dei macchinari, dei materiali e della manodopera impiegata. Il concetto di rischio non è quello tecnico-giuridico relativo ai casi fortuiti, ma quello economico, frutto dell’impossibilità di stabilire a priori i costi.

Inoltre, il concetto di rischio riguarda anche la possibilità di non raggiungere il risultato. È questo, infatti, un criterio distintivo tra appalto genuino e appalto illecito: nella prima ipotesi, il committente pagherà il corrispettivo solo a seguito della realizzazione dell’opera o del servizio; nella seconda ipotesi il corrispettivo è comunque riconosciuto all’appaltatore per aver fornito la manodopera, a prescindere dal conseguimento di un risultato. Inoltre, vi è assenza di rischio ove il corrispettivo è determinato unicamente in base alle ore o alle giornate effettivamente lavorate dai dipendenti dell’appaltatore.

Per verificare la mancanza di un’autonoma organizzazione in capo all’appaltatore la giurisprudenza ha elaborato degli indici, quali: la deficitaria esperienza professionale nel settore di riferimento dell’appalto; la diversità dell’attività abitualmente svolta rispetto a quella che il dipendente dovrà eseguire presso il committente; l’inesistenza di personale qualificato e idoneo a svolgere le mansioni connesse alle attività appaltate; la similitudine dell’orario di lavoro tra dipendenti dell’appaltatore e quelli del committente; il pagamento delle retribuzioni da parte del committente; la presenza di un controllo diretto sui dipendenti da parte di preposti del committente; la richiesta di ferie o permessi presentata al committente che decide sulla loro concessione; la valutazione degli aumenti retributivi rimessa al committente; la scelta del numero dei dipendenti da utilizzare rimessa all’appaltante; il controllo fiscale e contabile degli adempimenti dell’appaltatore a opera del committente; la gestione delle relazioni sindacali a cura del committente; il ridimensionamento dell’organico dell’appaltante per inserire la manodopera fornita dall’appaltatore; la scelta del personale da utilizzare a opera dell’appaltante.