L’indebito risparmio non è limitato al mancato versamento di dirette o IVA, ma coinvolge anche le somme dovute a titolo previdenziale e assistenziale

Di Maria Francesca ARTUSI

La giurisprudenza si sta attestando sul principio per cui risponde del reato di indebita compensazione non solo chi omette di versare imposte dirette o IVA utilizzando indebitamente in compensazione crediti concernenti altre imposte o crediti di natura previdenziale, ma anche chi si avvalga di analogo artificio per evitare di corrispondere tali ultime imposte ovvero contributi dovuti ad enti di previdenza.
Una nuova conferma è giunta dalla pronuncia n. 5593/2021 della Corte di Cassazione che riassume l’orientamento “ampliativo” della fattispecie.

In proposito va ricordato che l’art. 10-quater del DLgs. 74/2000, come parzialmente riscritto dall’art. 9 del DLgs. 158/2015, punisce chi non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/1997, crediti non spettanti o crediti inesistenti per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.

In considerazione dell’ampliamento delle ipotesi di compensazione in ambito tributario previste dal richiamato art. 17 – a norma del quale i contribuenti che devono eseguire versamenti unificati di imposte, di contributi previdenziali e assistenziali, di premi INAIL e di altre somme a favore dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e di altri enti possono utilizzare in compensazione i crediti risultanti dalle dichiarazioni fiscali o dalle denunce periodiche contributive – si è sviluppata un’interpretazione, richiamata anche nella sentenza n. 35/2018 della Corte costituzionale, secondo cui il reato di indebita compensazione può configurarsi sia in caso di compensazione “verticale”, riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione “orizzontale”, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, in quanto può avere ad oggetto tutte le somme dovute che possono essere inserite nell’apposito modello F24, incluse quelle relative ai contributi previdenziali e assistenziali.

Tale giurisprudenza ravvisa la “ratio” della fattispecie penale in esame nella necessità di punire tutti quei comportamenti che si concretizzano in realtà nell’omesso versamento del dovuto e nel conseguimento di un indebito risparmio di imposta mediante l’indebito ricorso al meccanismo della compensazione tributaria, ossia attraverso la materiale redazione di un documento ideologicamente falso, idoneo a prospettare una compensazione che non avrebbe potuto avere luogo, o per la non spettanza o per l’inesistenza del credito.

In questa prospettiva, l’indebito risparmio di imposta che la norma incriminatrice tende a colpire non può essere limitato al mancato versamento delle imposte dirette o dell’IVA, ma coinvolge necessariamente anche le somme dovute a titolo previdenziale e assistenziale, il cui mancato pagamento, attraverso lo strumento della compensazione effettuata utilizzando crediti inesistenti o non spettanti, determina per il contribuente infedele un analogo risparmio di imposta (tra le altre, Cass. nn. 13149/20205934/20198689/2019).

La norma in esame, in altri termini, si presta a reprimere l’omesso versamento di somme di denaro attinente a tutti i debiti, sia tributari, sia di altra natura, per il cui pagamento deve essere utilizzato il modello di versamento unitario, con la conseguenza che sono sottoposti a tale disciplina sia le compensazioni di debiti IVA o imposte sui redditi con altri tributi e contributi dovuti sia le compensazioni di questi ultimi tributi e contributi con crediti IVA e imposte dirette, potendo venire in rilievo, sul lato attivo o passivo del rapporto obbligatorio, qualunque tributo o contributo che possa essere opposto in compensazione secondo le norme generali.

La sentenza in esame richiama, da un lato, ragioni legate al tenore letterale della disposizione, che si riferisce genericamente all’omesso versamento di “somme dovute”, senza prevedere alcuna limitazione alle compensazioni verticali o orizzontali che estinguano unicamente debiti relativi alle imposte dirette o IVA.
D’altra parte vengono evidenziate ragioni di carattere sistematico, dal momento non viene condiviso il rilievo, pur formulato da parte della giurisprudenza (Cass. n. 38042/2019), secondo il quale la disposizione in esame risulterebbe inserita in un testo normativo, quale è il DLgs. 74/2000, diretto a sanzionare unicamente le violazioni in materia di IVA e di imposte sui redditi.

Viene, in proposito, ripetuta un’osservazione – a dire il vero poco condivisibile – già riportata dalla Cassazione n. 389/2021 secondo cui sono presenti all’interno del suddetto decreto almeno due norme poste anche ad eventuale presidio di tributi diversi dall’IVA e dall’imposta sui redditi: l’art. 10-bis, rubricato “omesso versamento di ritenute dovute o certificate”, e l’art. 11, rubricato “sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte” (si veda “Rilevanza penale anche per l’indebita compensazione dei contributi previdenziali” del 9 gennaio 2021).