La confisca «non operativa» non è eseguibile e la produzione dei suoi effetti è subordinata al verificarsi del mancato pagamento del debito

Di Maria Francesca ARTUSI

In ambito penal-tributario la confisca dei beni costituenti profitto o prezzo del reato “non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’Erario anche in presenza di sequestro”. Così cita testualmente il comma 2 dell’art. 12-bis del DLgs. 74/2000, introdotto dal DLgs. 158/2015.

Sulla corretta lettura di tale disposizione si sono da subito confrontate dottrina e giurisprudenza e la Cassazione ha in varie occasioni ritenuto che la stessa debba essere intesa nel senso che la confisca – così come il sequestro preventivo ad essa preordinato – può essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l’evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito (Cass. n. 28488/2020, nella cui motivazione si è precisato che il sequestro e la conseguente confisca devono essere conservati fino all’integrale effettivo pagamento della somma evasa, potendo le rate già versate essere considerate solo ai fini della riquantificazione della misura; nello stesso senso, Cass. n. 42470/2016).

Altre pronunce, conformi, hanno stabilito che la confisca può comunque essere adottata nonostante l’accordo rateale intervenuto, ma non è eseguibile, producendo i suoi effetti solo al verificarsi del mancato pagamento del debito (Cass. n. 18034/2019 e Cass. n. 6246/2019).

Su questo tema tornano ancora i giudici di legittimità con la pronuncia n. 9355, depositata ieri. Nel caso di specie, il contribuente aveva assunto l’impegno, nell’ambito di una procedura agevolata e rateizzata, di pagare all’Erario il debito d’imposta connesso al reato fiscale contestato ed essendo state onorate le due rate già scadute chiedeva di revocare la confisca che aveva ad oggetto dei beni in precedenza non sottoposti a sequestro preventivo.

Sul medesimo procedimento, si era già espressa la Cassazione n. 42578/2019 stabilendo l’impossibilità, per il Pubblico Ministero, di procedere all’esecuzione della disposta confisca sino a che non si fosse eventualmente verificata la condizione sospensiva dell’inadempimento dell’accordo concluso con l’Erario. In particolare, si era in allora stabilito che, al fine di attribuire un significato logicamente plausibile alla norma in esame, deve necessariamente ritenersi che la locuzione “non opera” non significa affatto che la confisca, a fronte dell’accordo rateale intervenuto, non possa essere adottata, ma piuttosto, e più semplicemente, che la stessa non divenga efficace con riguardo alla parte “coperta” da tale impegno.

La confisca “non operativa”, dunque, è una confisca applicata ma non eseguibile perché non (ancora) produttiva di effetti, la cui produzione sarebbe subordinata (condizionata) al verificarsi di un evento futuro ed incerto, costituito dal mancato pagamento del debito. Fermo restando che, come recita il comma 2 del citato art. 12-bis, essa dovrà, comunque, essere “disposta”, cioè diventare efficace, allorquando l’impegno non sia stato rispettato e il versamento “promesso” non si sia verificato.

Pertanto, anche in presenza di un piano rateale di versamento, la confisca potrà continuare a essere comunque consentita, sia pure per gli importi non ancora corrisposti, così continuando ad essere consentito anche il sequestro ad essa finalizzato che, ai sensi dell’art. 323 comma 3 c.p.p., manterrà i suoi effetti in caso di pronuncia di una sentenza di condanna, qualora sia stata disposta la confisca, ancorché condizionata, delle cose sequestrate. Al verificarsi della condizione sospensiva, costituita dal mancato pagamento, la confisca sarà pienamente produttiva di effetti. In tal caso, il Pubblico Ministero, ricevuta la comunicazione di inadempimento da parte dell’Amministrazione finanziaria, potrà mettere in esecuzione la misura.

Poiché nel caso di specie, a quanto risulta dalla sentenza oggi in commento, non era stato disposto alcun sequestro preventivo, l’esecuzione della misura ablatoria doveva essere subordinata all’accertamento dell’inadempimento dell’obbligo assunto; sicché la stessa non poteva essere eseguita direttamente con l’apprensione dei beni, come invece avvenuto.

A ritenere diversamente – prosegue la Cassazione – si rischierebbe di ostacolare l’attuazione della norma di favore che il legislatore ha dettato con l’art. 12-bis comma 2 del DLgs. 74/2000, posto che chi intenda fruire dell’agevolazione per sanare la posizione debitoria nei confronti dell’Erario per non subire gli effetti della confisca si vedrebbe “bloccare” le risorse economiche per poter adempiere all’impegno assunto.

In definitiva, viene annullata l’ordinanza che dispone la confisca, non essendosi verificata la condizione sospensiva dell’inadempimento dell’impegno assunto per il pagamento rateizzato del debito, essendo lo stesso, invece, a quanto consta regolarmente in corso.