L’INPS fornisce le prime indicazioni in merito all’agevolazione alternativa ai trattamenti di CIG COVID-19

Di Luca MAMONE

L’art. 1 della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021), nel disporre ai commi 299 e ss. nuovi trattamenti di CIGO, assegno ordinario e CIG in deroga con causale emergenziale COVID-19, ha altresì previsto, al comma 306, in favore dei datori di lavoro non agricoli del settore privato che non richiedono tali trattamenti, il riconoscimento dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico di cui all’art. 3 del DL 104/2020, per un ulteriore periodo massimo di 8 settimane, fruibili entro il 31 marzo 2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di maggio e/o giugno 2020.

In merito a tale agevolazione è recentemente intervenuto l’INPS con la circ. n. 30/2021, fornendo le prime indicazioni per la gestione degli adempimenti previdenziali connessi alla predetta misura di esonero contributivo.
In via preliminare, l’Istituto previdenziale ricorda che i nuovi trattamenti di integrazione salariale e l’esonero contributivo in parola si pongono tra di loro in regime di alternatività, quantomeno in riferimento alla medesima unità produttiva. In altri termini, l’accesso ai nuovi trattamenti di integrazione salariale comporta l’impossibilità, nella medesima unità produttiva, di accedere all’esonero contributivo disciplinato dalla stessa legge di bilancio 2021.

Al contrario, le previsioni normative non precludono la possibilità di presentare domanda, in concomitanza o contestualmente alla richiesta di agevolazione contributiva in trattazione, per ammortizzatori sociali ordinari, diversi dalle causali COVID-19.
Inoltre, si evidenzia che l’applicazione del beneficio è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea, come previsto dall’art. 1 comma 308 della L. 178/2020 e che con un apposito messaggio, che verrà pubblicato all’esito della predetta autorizzazione, l’INPS emanerà le istruzioni per la fruizione della misura agevolativa, con particolare riguardo alle modalità di compilazione delle dichiarazioni contributive da parte dei datori di lavoro.

Ciò premesso, l’INPS ricorda che possono accedere all’esonero contributivo in questione i datori di lavoro privati non appartenenti al settore agricolo, che abbiano già fruito, anche parzialmente, nei mesi di maggio e/o giugno 2020, degli interventi di integrazione salariale ordinaria e in deroga di cui agli artt. da 19 a 22-quinquies del DL 18/2020 (c.d. decreto “Cura Italia”), riconosciuti secondo la disciplina posta in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Più in particolare, precisa l’Istituto previdenziale, l’esonero può essere legittimamente fruito per le medesime posizioni aziendali (matricole INPS) per le quali, nelle suddette mensilità di maggio e/o giugno 2020, siano state fruite, anche parzialmente, le specifiche tutele di integrazione salariale previste dal decreto “Cura Italia”.

Invece, l’ammontare dell’esonero in questione risulta pari – ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche – alle ore di integrazione salariale fruite, anche parzialmente, nei mesi di maggio e/o giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL.

L’importo dell’agevolazione, più specificamente, è pari alla contribuzione piena a carico del datore di lavoro non versata in relazione alle ore di fruizione dei trattamenti di integrazione salariale nei citati mesi.
L’ammontare dell’esonero così determinato costituisce l’importo massimo riconoscibile ai fini dell’agevolazione e può essere fruito, fino al 31 marzo 2021, per un periodo massimo di 8 settimane e deve essere riparametrato e applicato su base mensile.

Ancora, nella circolare in commento si ricorda che il diritto alla legittima fruizione dell’esonero contributivo è subordinato al rispetto delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro e dell’assicurazione obbligatoria dei lavoratori.
In particolare, sostanziandosi in un beneficio contributivo, è subordinato al rispetto di quanto previsto dall’art. 1 comma 1175 della L. 296/2006, ossia alla regolarità degli obblighi di contribuzione previdenziale (DURC), all’assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e rispetto degli altri obblighi di legge, nonché al rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, regionali, territoriali o aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative.

Poi, l’INPS fa presente che, sempre ai fini della legittima fruizione dell’esonero, il datore di lavoro deve attenersi al divieto di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo previsto fino al 31 marzo 2021 dall’art. 1 comma 309 e seguenti della L. 178/2020.
In pratica, il datore di lavoro deve attenersi alla disposizione che prevede il divieto di licenziamento per tutto il periodo astrattamente previsto per la fruizione dell’esonero e quindi fino al 31 marzo 2021.