Il Presidente del Consiglio incaricato rilancia la riforma dell’IRPEF, che dovrà ridurre il prelievo e preservare la progressività dell’imposta

Di Redazione EUTEKNE

La riforma fiscale ci sarà, ma dovrà essere un “intervento complessivo”, che si ponga il “duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività”.

Così, durante il suo lungo discorso programmatico al Senato, il Presidente del Consiglio incaricato, Mario Draghi, ha affrontato il tema del Fisco e della riforma “strutturale” che il suo Governo intende realizzare. “Non bisogna dimenticare – ha spiegato – che il sistema tributario è un meccanismo complesso, le cui parti si legano una all’altra. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta. Un intervento complessivo rende anche più difficile che specifici gruppi di pressione inducano il Governo ad adottare misure scritte per avvantaggiarli”.

Definito l’approccio, dal Premier arrivano indicazioni chiare anche sul metodo di lavoro. “Le esperienze di altri Paesi insegnano che le riforme della tassazione dovrebbero essere affidate ad esperti che conoscono bene cosa succede se si cambia un’imposta”. A questo proposito, Draghi cita l’esperienza della Danimarca, dove nel 2008 venne costituita una “commissione di esperti, che prima incontrò incontro politica e parti sociali e dopo presento la relazione al Parlamento”. Quella relazione prevedeva il taglio della pressione fiscale pari a 2 punti di PIL, la riduzione dell’aliquota marginale massima dell’imposta sul reddito, l’innalzamento delle soglie di esenzione.
Lo stesso metodo, ha ricordato l’ex Governatore della Banca centrale europea, è stato seguito in Italia all’inizio degli anni 70’. Allora, il Governo affidò la riforma del Fisco a una commissione di esperti, che introdusse l’imposta sul reddito delle persone fisiche e il sostituto d’imposta per il redditi da lavoro dipendente.

“Una riforma fiscale – ha continuato Draghi – segna in ogni Paese un passaggio decisivo: indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l’architrave della politica di bilancio. In questa prospettiva va studiata una revisione profonda dell’IRPEF, con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività. Funzionale al perseguimento di questi obiettivi sarà un rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione fiscale”.

Parole accolte con favore dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, che ha definito “giusto e condivisibile” il passaggio sulla riforma fiscale. Innanzitutto sul metodo, ma anche sull’“approccio di carattere complessivo e sistematico – che richiede tempo e competenza – per superare gli interventi parziali dettati dall’urgenza del momento che hanno caratterizzato la legislazione fiscale degli ultimi anni”.

“Ci auguriamo – ha commentato il Presidente del CNDCEC, Massimo Miani, in una nota stampa – possa essere l’avvio di una stagione nuova, che coinvolga, come chiediamo da tempo, le parti interessate alla riforma, e noi commercialisti in primis, già nella fase inziale della sua elaborazione, chiamando i nostri rappresentanti nella commissione di esperti. Noi siamo pronti a fornire il nostro contributo di idee”.

Secondo il numero uno dei commercialisti italiani è necessario “semplificare” e varare una “riforma organica e di lungo periodo”. Vanno in questa direzione, oltreché nella direzione della riduzione della pressione fiscale, le proposte messe a punto dalla commissione tecnica istituita qualche mese fa e presieduta da Carlo Cottarelli.

“Noi crediamo – ha sottolineato Miani in proposito – che l’attuale sistema progressivo per scaglioni di reddito ponga diverse criticità, tra cui quella del salto di ben 11 punti percentuali dell’aliquota marginale tra il secondo e il terzo scaglione, al superamento dei 28 mila euro. Proponiamo il frazionamento in due dell’attuale terzo scaglione: il primo, da 28 mila euro a 40 mila euro, con un’aliquota marginale del 32%; il secondo, da 40 mila euro a 55 mila euro, con un’aliquota marginale del 38%. Un sistema che ridarebbe fiato alla classe media che attualmente è quella che, in proporzione, è più penalizzata e che andrebbe nella direzione, auspicata da Draghi, della graduale riduzione del carico fiscale”.

Per i commercialisti necessaria anche “la sostituzione dell’IRAP con un’addizionale alle imposte sui redditi a carico degli stessi soggetti passivi del tributo regionale e l’equiparazione della pressione fiscale tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti”, in modo da superare gli squilibri prodotti dall’attuale sistema di deduzioni e detrazioni differenziate a seconda della categoria di reddito prodotta. Il tutto senza dimenticare semplificazione degli adempimenti e razionalizzazione normativa, da sempre annunciate ma mai concretamente realizzate.