Secondo il prevalente orientamento di legittimità, il reato sarebbe integrato anche in caso di debiti relativi a contributi previdenziali ed assistenziali

Di Maurizio MEOLI

Il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all’art. 10-quater del DLgs. 74/2000, tende, purtroppo, ad essere sempre più “dilatato” dalla Corte di Cassazione.

Innanzitutto, dal lato attivo, si ritiene configurabile, alla luce dell’ampliamento delle ipotesi di compensazione previste dalle norme tributarie disposto dall’art. 17 del DLgs. 241/1997, sia nel caso di compensazione “verticale”, riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione “orizzontale”, concernente crediti e debiti di natura diversa; la struttura “asimmetrica” del reato, in virtù della quale è incriminata l’artificiosa diminuzione dell’entità dell’imposta da versare, qualunque tributo o contributo sia opposto in compensazione, è ritenuto del tutto compatibile con la ratio del DLgs. 74/2000, che è diretto a sanzionare penalmente le violazioni in materia di imposte sui redditi e di IVA (cfr. Cass. nn. 25922/202015290/202014763/2020).

Inoltre, dal lato passivo, secondo la ricostruzione che si va consolidando, non sarebbe da condividere la Cassazione n. 38042/2019, secondo la quale, proprio la ricordata struttura “asimmetrica” del reato confermerebbe l’impostazione secondo la quale esso riguarderebbe i soli mancati versamenti di imposte sui redditi e dell’IVA. Soluzione coerente con la collocazione nel contesto del DLgs. 74/2000, in materia di reati relativi ad imposte sui redditi ed IVA, ed in linea, sul piano sistematico, con le disposizioni comuni del Titolo III, che si confrontano solo con debiti tributari e imposte evase, e, in particolare, con l’art. 13 comma 1 del DLgs. 74/2000, che, riferendosi indistintamente alle fattispecie incriminatrici previste dagli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater comma 1, disciplina “la speciale causa di non punibilità del pagamento del debito tributario in termini che non possono avere alcuna compatibilità con obblighi come quelli relativi ai contributi previdenziali e assistenziali”.

È, di contro, prevalente la ricostruzione (cfr. Cass. nn. 32617/202027992/2020 e 13149/2020) secondo la quale l’argomento utilizzato dalla Cassazione n. 38042/2019 (ossia il richiamo alla causa di non punibilità del pagamento del debito tributario ex art. 13 comma 1 del DLgs. 74/2000), non terrebbe conto del chiaro disposto normativo del citato art. 17 del DLgs. 241/1997.

Quest’ultimo, menzionato dall’art. 10-quater, non limita la facoltà del contribuente di procedere alla compensazione di postazioni di debito o credito afferenti alla medesima imposta (c.d. compensazione verticale), essendo l’innovazione introdotta dalla disposizione dell’art. 10-quater costituita proprio dal superamento del concetto di compensazione tradizionale tra debiti e crediti di imposta della stessa natura (compensazione c.d. verticale, che non obbliga il contribuente alla presentazione del modello F24 se non nel caso in cui emerga un residuo a debito), mediante l’estensione della facoltà di compensazione anche a debiti e crediti di natura diversa, nonché alle somme dovute agli enti previdenziali (c.d. compensazione orizzontale, effettuata mediante modello F24).

L’art. 17 del DLgs. 241/1997, quindi, avrebbe solo allargato le ipotesi di compensazione già previste dalle norme tributarie, senza prevedere che l’istituto possa trovare applicazione solo relativamente a tributi della stessa specie o di specie diversa.

Inoltre, dalla “parificazione” delle tre fattispecie incriminatrici operata dal comma 1 dell’art. 13 del DLgs. 74/2000, ovvero, degli omessi versamenti di ritenute dovute o certificate (art. 10-bis del DLgs. 74/2000), degli omessi versamenti dell’IVA (art. 10-ter del DLgs. 74/2000) e dell’indebita compensazione di crediti non spettanti (art. 10-quater comma 1 del DLgs. 74/2000), non discenderebbe la conseguenza desunta dal richiamato precedente di legittimità, ossia che l’art. 10-quater punirebbe l’indebita compensazione delle imposte dirette e non anche la indebita compensazione per debiti previdenziali o assistenziali.

L’art. 13 comma 1 del DLgs. 74/2000 si limiterebbe semplicemente a prevedere che non sono più perseguibili penalmente gli omessi versamenti di ritenute dovute o certificate, dell’IVA e l’indebita compensazione di crediti non spettanti quando il contribuente versi integralmente le somme dovute all’Erario, comprese le sanzioni amministrative e gli interessi maturati, prima della dichiarazione dell’apertura del dibattimento di primo grado; con un intento premiale che si muove nell’ottica di una politica criminale e fiscale volta maggiormente alla tutela del bene giuridico protetto (il corretto gettito fiscale) piuttosto che alla “punizione esemplare” dei trasgressori.

In tale contesto, poi, si osserva come la ragione della distinzione tra le due categorie di reati (quelli previsti dal comma 1 e quelli previsti dal comma 2 dell’art. 13, in materia dichiarativa) risieda nel fatto che per gli omessi versamenti e per l’indebita compensazione il contribuente ha correttamente indicato il proprio debito tributario; mentre nei reati dichiarativi, ai fini della rinuncia dell’azione penale, viene ritenuta necessaria la spontaneità della resipiscenza del contribuente.