Se la «provvista» della condotta corruttiva non proviene dal patrimonio della società è esclusa ogni forma di coinvolgimento dell’impresa collettiva

Di Ciro SANTORIELLO

È frequente la considerazione secondo cui, a fronte della commissione di un illecito penale a vantaggio o nell’interesse di una società assai difficilmente questa potrà vedersi assolta (specie se il delitto risulta commesso dai vertici dell’azienda, come gli amministratori o i direttori generali) nel processo ai sensi del DLgs. 231/2001, quasi che vi fosse una presunzione di inadeguatezza del modello organizzativo in caso di verificazione del reato a vantaggio dell’impresa.

Un provvedimento della Procura di Como (poi accolto da Trib. Como 29 gennaio 2020) smentisce queste affermazioni. Nell’ambito di un complesso procedimento penale che vedeva coinvolti diversi amministratori di una società i quali, con l’intermediazione di professionisti, concludevano accordi corruttivi con funzionari onde ottenere indebite riduzioni delle pretese erariali e la “protezione” della società nelle verifiche fiscali, il Pubblico Ministero – pur prendendo atto dell’indiscutibile sussistenza delle condotte delittuose (gli amministratori avevano pienamente confessato i fatti di corruzione), così come era indiscutibile la circostanza che i delitti erano intesi a favorire la società gestita dai responsabili dell’illecito – esclude la responsabilità della persona giuridica sostenendo che la condotta corruttiva aveva riguardato unicamente le persone degli amministratori che avevano agito in assoluta autonomia, senza coinvolgere organi e funzioni societarie, impiegando denaro proveniente da personali disponibilità ed eludendo fraudolentemente sia le prassi, le procedure ed i protocolli operativi previsti dal modello di organizzazione e gestione della società per prevenire la commissione dei reati contro la Pubblica Amministrazione sia l’attività di controllo effettivamente svolta dall’Organismo di vigilanza.

La decisione della Procura si fonda, in sintesi, sulla considerazione che nella vicenda in esame la società dovesse andare esente da sanzione in quanto gli amministratori coinvolti nella vicenda corruttiva avevano posto in essere i delitti in contestazione mediante quella elusione fraudolenta del modello di cui fa menzione, quale esimente della responsabilità dell’ente, la lettera c) dell’art. 6 del DLgs. 231/2001.

In proposito, la decisione – richiamando una precedente decisione della Cassazione (Cass. n. 4677/2014) – afferma che si può parlare di elusione fraudolenta del modello solo in presenza di un aggiramento e non di semplice “frontale violazione” delle prescrizioni adottate, così da impedire alla società ogni forma di controllo ed impedimento.

Con riferimento al caso di specie l’elusione fraudolenta è stata rinvenuta: in presenza di rapporti fra amministratori dell’azienda e pubblici funzionari risalenti nel tempo e del tutto personali, esterni alle dinamiche societarie; in considerazione della circostanza che gli incontri fra tali soggetti si svolgevano in modo informale senza alcun coinvolgimento degli organi sociali; in considerazione dell’accertata rendicontazione falsa agli organi di controllo di quanto accaduto; in ragione del fatto che la decisione e gli accordi circa i pagamenti corruttivi sono state effettuate in assoluta autonomia, senza implicazioni di ulteriori soggetti, tanto meno delle funzioni societarie, ed infine le somme in contanti utilizzate nella vicenda in esame provenivano da “personali disponibilità degli imputati”.

Due considerazioni per concludere. In primo luogo, in presenza di fatti di corruzione commessi da amministratori societari a vantaggio o nell’interesse della persona giuridica, la circostanza che si accerti che la “provvista” della condotta corruttiva provenga da disponibilità personale dei responsabili dell’illecito (e non quindi dal patrimonio della società) dovrebbe essere circostanza idonea ad escludere, fuor di ogni dubbio e quindi tralasciando ogni considerazione sull’adeguatezza del modello, ogni forma di coinvolgimento dell’impresa collettiva.

In secondo luogo, nel provvedimento di archiviazione, accanto alle menzionate considerazioni sulla elusione fraudolenta del modello, considerevole spazio è dedicato alle attività della società dopo l’emersione dei fatti criminali. Particolare apprezzamento, infatti, è formulato con riferimento alle scelte dell’ente di ottenere le dimissioni dei precedenti amministratori sostituendoli con soggetti completamente estranei ai fatti; si tratta di un adempimento non richiesto dalla normativa ma chiaramente imposto dalla logica delle cose non risultando credibile l’impegno per la prevenzione di illeciti da parte di società che mantengono al loro vertice persone fisiche accusate di gravi reati.