Il contenuto è integrabile, il termine è ordinatorio ed è ammessa la dichiarazione riepilogativa

Di Simonetta LA GRUTTA

A partire dal 1° gennaio 2020 sono entrate in vigore le nuove disposizioni (art. 45-bis del Regolamento Ue 282/2011) armonizzate e semplificate in tema di prova del trasporto all’interno dell’Unione in occasione di cessioni intra-Ue; ciò al fine di rendere più agevole la verifica di uno dei presupposti essenziali per la qualificazione dell’operazione quale cessione intra-Ue di beni, non imponibile per il cedente e soggetta ad IVA ad opera del cessionario mediante inversione contabile.

A norma dell’art. 45-bis par. 1 lett. b) punto i) del regolamento, nel caso in cui il trasporto sia posto a carico dell’acquirente, questi è tenuto a fornire al venditore una dichiarazione scritta la quale attesti che i beni sono stati trasportati o spediti dall’acquirente o da un terzo per suo conto dove convenuto.

Più nel dettaglio, dalla dichiarazione devono risultare la data del rilascio, il nome e l’indirizzo dell’acquirente, lo Stato membro di destinazione, la quantità e la natura dei beni, la data ed il luogo d’arrivo, i dati identificativi della persona che materialmente accetta i beni per conto dell’acquirente (ad es. un magazziniere, etc.). Inoltre, per i mezzi di trasporto è necessario riportare il numero che li identifica (e.g. numero di telaio, etc.).

L’elencazione, contenuta nella norma, dei dati da riportare nella dichiarazione dovrebbe considerarsi esaustiva (i.e. tassativa) e non esemplificativa; tuttavia, non si rinvengono elementi per ritenere che tale contenuto non possa essere integrato con ulteriori elementi, qualora ciò possa essere utile, principalmente per una più rapida e precisa identificazione delle merci (anche al fine di renderla difficilmente refutabile dall’Amministrazione finanziaria). Ad esempio, le parti potrebbero trovare vantaggioso includere, in relazione alla quantità e natura dei beni, l’indicazione del lotto di produzione, del codice di matricola (in caso di macchinari), etc.

Con riferimento al formato – cartaceo e/o elettronico – da utilizzare per rendere ed eventualmente produrre all’Amministrazione finanziaria la dichiarazione, nulla è espressamente previsto dal regolamento. Tuttavia, considerato che le nuove norme sono state promosse dal legislatore in un’ottica, tra l’altro, di semplificazione in un contesto più ampio di modernizzazione del sistema dell’IVA anche mediante il ricorso, ove possibile, al c.d. “fisco telematico”, si propende per interpretare il vuoto normativo come espressione della volontà di non porre vincoli e di ammettere che i documenti che costituiscono mezzi di prova, al fine che qui interessa, abbiano il formato che le parti, caso per caso, trovano più congeniale.

In tal senso si è pronunciata la Commissione Ue nelle Note esplicative “soluzioni rapide 2020” pubblicate a dicembre 2019 (par. 5.3.6.), invitando gli Stati membri ad adottare un approccio flessibile e a non imporre limitazioni rigorose circa il formato della dichiarazione, purché contenga i dati richiesti.

Quanto al termine per il rilascio del documento in parola, esso deve essere fornito entro il decimo giorno del mese successivo a quello in cui l’operazione è effettuata (in linea generale il momento della consegna o spedizione dei beni). Secondo quanto espresso dalla Commissione Ue nelle note esplicative, la finalità della disposizione è quella di stabilire un preciso lasso di tempo entro il quale l’acquirente deve adempiere tale obbligo.

Ciò nonostante, non sembra aderente allo spirito della norma ritenere che il termine debba considerarsi perentorio. Se così fosse, infatti, un ritardo da parte dell’acquirente comporterebbe per il venditore l’impossibilità di beneficiare della presunzione relativa posta dal regolamento. Per questa motivazione, secondo la Commissione, “anche se l’acquirente fornisce al venditore la dichiarazione scritta dopo la scadenza del termine, sarà possibile per il venditore avvalersi della presunzione, purché siano soddisfatte tutte le altre condizioni rilevanti di cui all’articolo 45 bis del RE”.

L’impostazione è stata condivisa e recepita anche dall’Agenzia delle Entrate nella circ. n. 12/2020.
In ultimo, è opportuno chiedersi se, seppure con i dovuti accorgimenti, sia possibile rendere un’unica dichiarazione “riepilogativa” che dia conto delle operazioni intervenute in un determinato periodo tra le medesime parti.

Si ritiene che, in termini generali, anche in virtù dei sopra richiamati principi che hanno portato all’introduzione dei “quick fixes” si debba rispondere affermativamente, seppure con alcune cautele. La dichiarazione, infatti, potrà riguardare solo le operazioni avvenute nell’arco dello stesso mese solare. A titolo precauzionale, inoltre, fintantoché non vi siano pronunciamenti in merito, dovrebbe ritenersi ammissibile una dichiarazione “riepilogativa”, che dia conto distintamente delle singole operazioni intervenute tra le parti, ma non una dichiarazione “cumulativa”, che dia conto solo delle quantità complessive. In senso conforme si è espressa Assonime (circ. n. 11/2020).