Con il decreto di apertura della procedura è integrato il requisito ostativo per il debitore

Di Alessandro COTTO e Antonio NICOTRA

In seguito alla Comunicazione della Commissione europea 29 giugno 2020 n. 4509, gli aiuti di Stato sono concessi anche alle micro e piccole imprese che risultavano già in difficoltà al 31 dicembre 2019 (art. 2 n. 18 del Reg. Ue n. 651/2014) a condizione, tra le altre, che “non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale” – presumibilmente – alla medesima data del 31 dicembre 2019.

Il requisito ostativo potrebbe destare alcuni dubbi interpretativi nel caso in cui il debitore abbia presentato la domanda di accesso a una procedura concorsuale.
Si pensi, ad esempio, all’imprenditore in possesso dei requisiti per beneficiare degli aiuti di Stato, che, tuttavia, ha depositato una domanda di concordato in bianco ex art. 161 comma 6 del RD 267/42, con concessione dei relativi termini. Si tratta di capire se, in tale ipotesi, il debitore possa ritenersi “assoggettato” alla procedura per insolvenza, posto che il concordato preventivo regola lo stato di crisi e/o di insolvenza del debitore (art. 161 commi 1 e 3 del RD 267/42).

La domanda “in bianco” consente all’imprenditore di: riservarsi di depositare la proposta, il piano e la documentazione entro i termini fissati dal giudice; fruire degli effetti protettivi sul patrimonio; entrare in una zona di osservazione con l’instaurazione di un regime autorizzatorio per gli atti di straordinaria amministrazione e con obblighi informativi periodici.
Il c.d. pre-concordato, secondo l’indirizzo espresso in giurisprudenza, costituisce una mera opzione di sviluppo della procedura per l’imprenditore che ha già assunto la qualità di “debitore concordatario” (Cass. n. 7117/2020). Sulla scorta di tale indirizzo e in ragione degli effetti che conseguono alla domanda, potrebbe ritenersi sufficiente il deposito del ricorso per considerare il debitore “soggetto” alla procedura, ostando alla possibilità di beneficiare degli aiuti di Stato.

In senso contrario all’orientamento sopra esposto, invece, si potrebbe argomentare analizzando l’iter procedimentale di apertura della procedura concordataria. La struttura del concordato “in bianco” – come osservato in dottrina – è articolata in due fasi: la prima necessaria, anticipatoria e processuale, che si compendia nel deposito della domanda con cui l’imprenditore manifesta l’intenzione di accedere alla procedura (o di voler concludere un accordo di ristrutturazione dei debiti, c.d. adr); la seconda eventuale, sostanziale e negoziale, mediante il deposito della proposta, del piano e della documentazione (o dell’adr), alla quale segue l’eventuale procedimento di ammissione, approvazione e omologazione.
L’automaticità o la “prenotatività” degli effetti protettivi, inoltre, non coincide con la loro definitività, né si sostanzia nella mera sufficienza della domanda. Gli esiti processuali della domanda possono proseguire, peraltro, in un adr o in un fallimento. La presentazione del ricorso, quindi, è predicabile come ingresso in una “concorsualità modulare”, che prescinde anche da una motivazione dell’atto.

Il debitore, inoltre, non deve motivare neanche le ragioni per le quali ometta il deposito del piano, della proposta e della documentazione, avendo la facoltà di non proseguire la procedura con inutile decorso dei termini concessi dal tribunale. In tal caso, a norma dell’art. 161 comma 2, il tribunale dichiara l’inammissibilità della proposta (con possibilità di fallimento del debitore).

Affinché il debitore istante possa ritenersi “soggetto” alla procedura sembrerebbe necessaria la preventiva ammissione al concordato. Il relativo procedimento, d’altra parte, presuppone la presentazione della proposta, del piano e della documentazione (in una fase, quindi, successiva al ricorso e al decreto di concessione dei termini). Con la dichiarazione di ammissione, ex art. 163 del RD 267/42, infatti, il tribunale dà atto della positiva sussistenza dei presupposti e delle condizioni per l’accesso al concordato e contestualmente indica l’iter successivo.

Sussistono, quindi, fondati motivi per ritenere che il decreto di apertura identifichi il momento a partire dal quale l’imprenditore è assoggettato alla procedura concordataria.
A favore di tale conclusione, peraltro, milita anche la disciplina fiscale: l’art. 101 comma 5 del TUIR stabilisce che “… il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento … o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo” (Cass. n. 8587/2020 e ris. Agenzia delle Entrate n. 12/2018).

Il tenore letterale della norma non lascia spazio a conclusioni diverse da quella – favor debitoris – qui proposta e consente di ritenere che, fino all’ammissione al concordato, il debitore non è “soggetto” alla procedura. Così argomentando non sarebbe integrato il requisito ostativo per gli aiuti di Stato e l’imprenditore potrebbe, ad esempio, accedere al contributo a fondo perduto ex art. 25 del DL 34/2020, conv. L. 77/2020.
Sul tema degli aiuti di Stato, si veda, da ultimo, la circolare Assonime n. 21 pubblicata nella giornata di ieri, che, però, non esamina le problematiche sopra esposte.