Secondo i giudici emiliani si tratta di sanzioni amministrative di tipo risarcitorio

Di Giorgio INFRANCA e Pietro SEMERARO

Le somme dovute dai responsabili dell’assistenza fiscale dei CAF, in caso di apposizione di visti di conformità infedeli sui modelli 730, costituiscono “sanzioni amministrative”, pur se di tipo “risarcitorio”. Ne consegue che anche per i visti infedeli apposti sui modelli relativi ad anni d’imposta precedenti al 2018 deve trovare applicazione l’art. 39, comma 1, lett. a) del DLgs. 241/97, nella versione attualmente in vigore, in ragione del principio del favor rei. Inoltre, le sanzioni in questione devono essere irrogate direttamente dalla Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate competente in ragione del domicilio fiscale del responsabile dell’assistenza fiscale e non di quello del contribuente.
Sono questi i principi espressi dalla C.T. Prov. di Reggio Emilia, con la sentenza n. 151/2/2020 del 10 luglio 2020.

In caso di presentazione dei modelli 730 tramite CAF o professionisti, tali soggetti devono rilasciare il visto di conformità di cui all’art. 35 del ;;DLgs. 241/97, verificando la conformità dei dati indicati in dichiarazione. In particolare, il responsabile dell’assistenza fiscale è tenuto a verificare la corrispondenza fra l’ammontare delle ritenute IRPEF e quelle indicate nelle certificazioni del sostituto d’imposta, gli acconti versati o trattenuti, la corretta applicazione delle deduzioni e delle detrazioni fruite, la corretta determinazione della misura dei crediti d’imposta; da ultimo, in caso di eccedenza d’imposta per la quale si è richiesto il riporto nella successiva dichiarazione, andrà verificata anche l’ultima dichiarazione presentata (cfr. circ. Agenzia delle Entrate 26 febbraio 2015 n. 7, § 4.1.1).

In caso di rilascio di un visto infedele, l’art. 39 del DLgs. 241/97 prevede l’obbligo per il professionista o il responsabile dell’assistenza fiscale del CAF di provvedere al pagamento di una somma pari, nella versione della norma anteriore al 30 marzo 2019, all’importo dell’imposta, degli interessi e della sanzione (del 30% ex art. 13 del DLgs. 471/97), che sarebbe richiesta al contribuente ai sensi dell’art. 36-ter del DPR 600/73.

A decorrere dal 30 marzo 2019, invece, il regime “sanzionatorio” di cui al citato art. 39 è stato modificato. Infatti, è stata abolita la responsabilità per il pagamento di una somma pari all’imposta, interessi e sanzioni, prevedendo, invece, esclusivamente il pagamento di una somma pari alla sanzione irrogabile al contribuente (ovvero il 30% della maggiore imposta accertata). Resta inteso, comunque, che nulla è dovuto dall’intermediario se l’apposizione del visto infedele è stata indotta da una condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente, come, ad esempio, in caso di presentazione di un documento contraffatto (circ. Agenzia Entrate 23 marzo 2015 n. 11, § 8.1).

La nuova disciplina, come chiarito dalla stessa Agenzia (circ. 24 maggio 2019 n. 12), si applica a partire dai modelli 730 relativi al periodo d’imposta 2018.
Per le violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del novellato art. 39 del DLgs. 241/97, si è posto il problema se il nuovo trattamento “sanzionatorio” potesse trovare applicazione retroattiva, in base al principio del favor rei.

Sul punto l’Amministrazione finanziaria ha già avuto modo di esprimere il proprio parere negativo, sostenendo che le somme richieste all’intermediario in caso di rilascio del visto infedele abbiano natura risarcitoria e non sanzionatoria, in quanto dovute a fronte dell’impegno assunto verso i contribuenti per una corretta predisposizione della dichiarazione e del conseguente affidamento prestato da questi ultimi circa la definitività del rapporto tributario (circ. Agenzia Entrate 24 maggio 2019 n. 12).

Di diverso avviso è però la C.T. Prov. di Reggio Emilia.
I giudici emiliani hanno, infatti, ritenuto che le somme dovute dal responsabile dell’assistenza fiscale per aver rilasciato un visto infedele abbiano natura sanzionatoria, “sia pure di tipo risarcitorio”, con la conseguenza che, anche per violazioni commesse prima del 30 marzo 2019, possa applicarsi l’art. 39 del DLgs. 241/97 nella versione attualmente in vigore, quale lex mitior.

Depongono a sostegno di tale conclusione, oltre che la rubrica della norma, intitolata “Sanzioni”, la circostanza che nel nostro ordinamento non vi siano ostacoli particolari alla qualificazione di una sanzione “risarcitoria” (secondo la teoria dei c.d. punitive damages).

La posizione espressa dalla C.T. Prov., seppur indubbiamente favorevole agli intermediari, avendo riconosciuto l’applicazione retroattiva della normativa sopravvenuta – pacificamente più favorevole – potrebbe tuttavia determinare non pochi problemi sotto il profilo assicurativo. Infatti, l’art. 12 del Codice delle assicurazioni (DLgs. 209/2005) sancisce l’inassicurabilità del rischio relativo al pagamento di sanzioni amministrative; ne consegue che se le somme dovute dall’intermediario per il rilascio di un visto infedele dovessero essere qualificate come “sanzioni amministrative”, le attività legate all’apposizione dei visti di conformità non potrebbero più godere dell’ombrello della polizza professionale.