A livello comunitario, il rispetto del limite di 800.000 euro andrebbe verificato per singola impresa

Di Luca FORNERO

Con la circolare n. 12 di ieri, Assonime ha fornito, tra l’altro, alcuni chiarimenti sull’agevolazione prevista dall’art. 24 del DL 34/2020 (c.d. DL “Rilancio”), in base al quale i contribuenti con ricavi o compensi non superiori a 250 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso al 19 maggio 2020 (2019 per i contribuenti “solari”), sono esclusi dall’obbligo di versamento:
– del saldo IRAP relativo al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2019 (2019, per i “solari”);
– della prima rata dell’acconto IRAP relativo al periodo di imposta successivo (2020, per i “solari”).

Rimane fermo il versamento dell’acconto dovuto per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019 (2019, per i “solari”).

Con riferimento all’ambito soggettivo della disposizione, viene sottolineato che l’esclusione dal beneficio delle holding industriali (ora denominate società di partecipazione non finanziaria), in quanto soggetti rientranti tra quelli citati dall’art. 162-bis del TUIR, non appare di immediata comprensione. In effetti, tali soggetti determinano la base imponibile IRAP in modo diverso dalle imprese bancarie e assicurative, poiché fanno riferimento agli stessi criteri delle società industriali, con la sola aggiunta della somma algebrica degli interessi attivi e passivi.

Relativamente al computo della soglia dei 250 milioni di euro nell’ipotesi di operazioni straordinarie (es. fusioni, scissioni, conferimenti di azienda), ad avviso di Assonime, la società beneficiaria dovrebbe tenere conto, oltre che dei ricavi da essa conseguiti, anche di quelli prodotti dall’azienda ricevuta in successione presso la società dante causa. Si tratta di una soluzione conforme alla natura successoria di tali operazioni e in linea con quanto precisato dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 15/2020 (§ 2.1) in ordine al contributo a fondo perduto (art. 25 del DL 34/2020).

In merito alla determinazione degli importi esclusi dal pagamento, il saldo IRAP 2019 sarebbe pari alla differenza positiva tra:
– l’IRAP dovuta per il 2019;
– l’acconto IRAP dovuto per il medesimo anno.

Nel calcolo, nessun rilievo assumerebbero i versamenti effettuati in eccesso nel 2019 (o in esercizi precedenti). Per quanto non ribadito dalla circolare in commento, analoga impostazione dovrebbe valere con riferimento ai crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione delle eccedenze ACE (art. 1 comma 4 del DL 201/2011).
Così, si supponga che la dichiarazione IRAP 2020 riporti i seguenti dati:
– imposta dovuta per il 2019 (rigo IR21): 10.000 euro;
– eccedenza risultante dalla precedente dichiarazione (rigo IR23): 500 euro;
– acconti dovuti e versati per lo stesso periodo 2019 (rigo IR25): 9.000 euro;
– saldo IRAP a debito (rigo IR26): 500 euro.

Secondo l’opinione di Assonime, il saldo IRAP 2019 escluso dal versamento risulterebbe di 1.000 euro e non di 500 euro.
In altre parole, le risultanze del modello dichiarativo dovrebbero essere coordinate con quanto stabilito dall’art. 24: il debito IRAP 2019 dovrebbe essere pari a quanto dovuto a titolo di acconto, mentre la parte versata in più rimarrebbe un’eccedenza d’imposta utilizzabile secondo le ordinarie regole.

Il primo acconto IRAP 2020 da non versare dovrebbe, invece, essere calcolato sulla base del c.d. “metodo storico” (40%/50% dell’IRAP dovuta per il 2019); di questo ammontare occorrerà tenere conto fino a concorrenza dell’IRAP che risulterà dovuta per il 2020.

In pratica, se l’IRAP dovuta per il 2020 è maggiore del primo acconto 2020 determinato su base storica, tale acconto parteciperà alla liquidazione dell’IRAP nel senso che si renderà dovuto, secondo le ordinarie regole, in sede di seconda rata di acconto o di saldo, il versamento della differenza.

Infine, con riferimento al rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final (“Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” e successive modifiche), sulla base di colloqui intercorsi con il Dipartimento del Ministero delle Finanze, sembrerebbe che le imprese facenti parte di un gruppo possano verificare la spettanza dell’agevolazione assumendo il limite degli 800.000 euro a livello di singola entità.