Il compito di eseguire procedure di controllo per accertare la verità, la correttezza e la chiarezza del bilancio spetta agli amministratori
La responsabilità penale dei membri che compongono il collegio sindacale delle società rappresenta una tematica la cui interpretazione impegna tanto la giurisprudenza quanto la dottrina. I soggetti che compongono il collegio sindacale risultano titolari di una posizione di garanzia, rispetto all’operato dagli amministratori, in ordine alla gestione societaria; specie, ove si esaminino in forma completa le norme che ne regolano il ruolo.
L’art. 40 c.p., cui è demandata la disciplina dei reati omissivi c.d. impropri, prescrive che “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Con particolare rifermento alla posizione di garanzia di cui i sindaci sono gravati rispetto alle condotte criminose tenute dagli amministratori nella gestione degli affari societari, la norma in commento presuppone proprio l’instaurarsi di un concorso omissivo tra le due figure societarie. Ad esempio, la responsabilità penale dei sindaci, che configura un concorso omissivo tra questi e gli amministratori, viene in rilievo qualora i primi adottino condotte criminose (omissive) attinenti alla tematica delle comunicazioni sociali.
È dunque evidente come la definizione della responsabilità penale dei sindaci ricollegata al ruolo che i medesimi ricoprono all’interno della società debba essere delineata tenuto conto tanto di quanto prescritto dalle norme e dalle linee guida che disegnano lo “statuto comportamentale del collegio sindacale”, tanto dei contenuti che delineano la posizione di garanzia descritta. Infatti, il sindaco potrà essere chiamato a rispondere di concorso omissivo nel reato posto in essere dall’amministratore, solo ed esclusivamente entro i limiti dei suoi doveri/poteri di attivazione rispetto all’oggetto della contestazione.
Sul punto, a più riprese, dottrina e giurisprudenza hanno rilevato che, esistendo una responsabilità dell’organo di controllo in presenza di bilanci che espongano fatti non rispondenti al vero, spetterebbe ai sindaci operare ben oltre il mero controllo formale delle risultanze contabili, poiché involge anche un controllo di merito sull’operato degli amministratori. Tuttavia, in concreto, quanto riportato non sembra conformarsi alle prescrizioni che regolano la responsabilità degli organi di controllo societario, né tantomeno alle “Norme di comportamento del collegio sindacale” dettate dal CNDCEC.
Difatti, il controllo di legalità e il controllo contabile, quest’ultimo poi divenuto revisione legale, devono essere considerati quali fattispecie distinte e separate. Questo anche alla luce della disciplina dettata dai DLgs. 6/2003 e 39/2010, emanato in attuazione della direttiva 2006/43/Ce, relativa alle revisioni legali dei conti, il cui art. 14 comma 1 delinea proprio i compiti del revisore (o società di revisione). Questa disposizione, nel delineare i compiti dei revisori (società di revisione), stabilisce che tali soggetti:
– esprimono con apposita relazione un giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato, ove redatto e illustrano i risultati della revisione legale;
– verificano nel corso dell’esercizio la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili.
Già il solo dettato della norma, anche in conformità con gli artt. 2403 comma 1 e 2407 c.c., basta a sollevare il collegio sindacale dalla responsabilità connessa a controllo formale sulla contabilità (c.d. controllo di merito) che, invece, grava sull’amministratore. In tal senso, non si dovrà confondere il controllo di legittimità e rispetto delle procedure e/o prassi operative, demandato proprio al collegio sindacale, con il predetto controllo di merito (cfr. CNDCEC, “Norma 3.3 Vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione”, 2015).
Difatti, anche sulla scorta di quanto ritenuto dalla “Norma 3.7. Vigilanza in ordine al bilancio di esercizio e alla relazione sulla gestione”, al collegio sindacale, se non sia incaricato della revisione legale, spetta lo svolgimento sul bilancio di esercizio solo dell’attività di vigilanza sull’osservanza della legge e dello statuto. In particolare, al collegio sindacale è demandato:
– vigilare sull’osservanza, da parte degli amministratori, delle norme civili sottese alla formazione, controllo, approvazione, deposito e pubblicazione del bilancio di esercizio;
– effettuare un controllo sintetico complessivo volto a verificare la corretta redazione del bilancio. La verifica della corrispondenza ai dati contabili e la loro valutazione spetta al revisore legale;
– richiedere chiarimenti e informazioni all’organo amministrativo ovvero all’incaricato della revisione legale, ove rilevi fatti o situazioni che incidono sulla rappresentazione in bilancio di operazioni sociali;
– formulare osservazioni e proposte, mediante una relazione rivolta all’assemblea in sede di approvazione del bilancio di esercizio, ove non abbia ricevuto (o abbia ricevuto solo in parte) i predetti chiarimenti.
Anche la giurisprudenza, specie quella chiamata a pronunciarsi sulle fattispecie penalmente rilevanti gravanti sugli organi societari, non dovrebbe potersi esimere dal considerare le norme sin qui richiamate, specie in ordine alla rilevazione del c.d. “dolo eventuale”, da ritenersi sussistere in capo ai sindaci solo in presenza di ben determinate condizioni.
Ad oggi, comunque, è nota solo una pronuncia che si sia debitamente soffermata sulla distinzione dei compiti fra collegio sindacale e revisore (cfr. Trib. Genova 6 ottobre 2017 n. 8880).