Manca l’ufficialità del decreto e le istruzioni alle Casse per dare il via alle domande
Anche se il decreto firmato dai Ministri Catalfo e Gualtieri prevede che i professionisti iscritti alle Casse private possano presentare le domande per l’indennità di 600 euro a partire da oggi, tale possibilità risulta di fatto preclusa per la mancata pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale e per l’assenza di istruzioni ufficiali.
Così gli enti previdenziali fanno presente che, al momento, non si possono presentare le domande e che l’AdEPP (Associazione degli Enti di Previdenza Privata) ha inviato apposita nota ai Ministeri competenti per evidenziare i numerosi problemi applicativi.
Con un aggiornamento di ieri alle ore 20:00 della pagina web dedicata, la Cassa dei dottori commercialisti ha informato gli iscritti che “è in attesa di sapere se può attivare la procedura applicativa e rendere possibile l’invio della domanda tramite un apposito servizio on line che potrà – però – essere operativo solo successivamente alla citata pubblicazione del DM”.
Anche la Cassa Forense ha comunicato che sta approntando la procedura telematica per la presentazione on line delle domande per l’accesso al “reddito di ultima istanza” e che tale canale sarà l’unico consentito.
Sostanzialmente stesso iter anche la Cassa Ragionieri che ha predisposto in un’area riservata la procedura che consentirà di generare l’autocertificazione da inoltrare tramite l’area riservata.
È probabile che il ritardo della pubblicazione del decreto sia dovuto a qualche rallentamento nei passaggi burocratici e non dipenda da ripensamenti su di un testo non propriamente impeccabile.
Uno dei punti che fa maggiormente discutere è il ricorso al reddito quale parametro per valutare la riduzione o la sospensione dell’attività. Il decreto richiede infatti “una comprovata riduzione di almeno il 33% del reddito del primo trimestre 2020, rispetto al reddito del primo trimestre 2019”. A tal fine, precisa sempre il decreto, il reddito è individuato secondo il principio di cassa come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese sostenute nell’esercizio dell’attività.
Si tratta di una scelta normativa che, ove venisse confermata nel provvedimento pubblicato in Gazzetta, susciterebbe forti perplessità perché imporrebbe ai richiedenti di determinare per due distinti trimestri il reddito di periodo al fine di operare il raffronto.
Con riferimento all’attuazione del Fondo solidarietà mutui “prima casa” (si veda “In Gazzetta il Decreto attuativo del fondo per la sospensione dei mutui prima casa” del 30 marzo), molto più opportunamente, il legislatore ha utilizzato quale indicatore della crisi del richiedente il fatturato prevedendo l’accesso al fondo per quei soggetti che hanno subito un calo del proprio fatturato, superiore al 33% rispetto al fatturato dell’ultimo trimestre 2019, in conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività per l’emergenza coronavirus (art. 54 del DL 18/2020).
Nel caso del decreto, invece, come accennato, si fa riferimento al reddito, tra l’altro, non specificando se si tratta di quello complessivo, richiamato ai fini dell’accesso dell’indennità, ovvero quello professionale (art. 54 del TUIR).
Dal momento però che è la stessa norma a precisare che il predetto reddito deve essere calcolato come differenza tra compensi e spese sulla base del principio di cassa, è preferibile la seconda soluzione (il raffronto deve riguardare il reddito professionale).
Dando per confermato che il reddito dei forfetari rilevi ai fini dell’accesso all’agevolazione (si veda “Sui forfetari iscritti a Casse, decreto indennità impreciso” del 30 marzo 2020), per questi soggetti il raffronto tra i due trimestri appare tutto sommato praticabile in quanto è sufficiente applicare ai compensi incassati il coefficiente di redditività previsto dalla norma.
Nel caso in cui i professionisti non abbiano aderito al regime forfetario, sembra comunque necessario un doppio calcolo del reddito (1° trimestre 2020 e 1° trimestre 2019) che tenga conto delle spese sostenute per cassa e di quelle aventi natura pluriennale (ad es. ammortamenti).
Si tratta di un’informazione difficilmente disponibile nell’immediato, considerato che gli studi di contabilità si trovano ad operare in condizioni emergenziali e che comunque la registrazione di incassi e pagamenti segue determinate procedure e tempistiche.
Senza trascurare che il costo del conteggio che potrebbe rendere non conveniente accedere all’indennità. Si pensi ad un giovane associato con una quota di partecipazione ridotta che, in analogia a quanto stabilito per l’indennità INPS, intenda accedere al bonus di 600 euro. La definizione della riduzione del reddito passerebbe necessariamente per il calcolo del reddito dello studio associato. Uno di quei classici casi in cui il gioco non vale la candela.