Di Giancarlo ALLIONE

Dovevo capirlo già al liceo che non era una buona idea. Fare il commercialista intendo.
I professionisti fanno la loro comparsa nella Divina Commedia intorno alla fine dell’ultimo canto del Paradiso. Non fra i beati, ma in una metafora che vede il geometra scervellarsi all’infinito senza trovare quel principio ond’elli indige. Grande fatica, risultati scadenti o nulli.

Metafora perfetta, come perfetto è il paragone con il geometra.
Con ISI, ICI, IMU, TASI, TARI, IUC, ci siamo dovuti trasformare anche un po’ in geometri e la nostra competenza in materia dovrà estendersi ancora.
Grazie al bonus facciate dovremo infatti stabilire se l’immobile rientra nelle zone A o B di cui al DM 1444/68.

Zona A, facile: “Le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale […], comprese le aree circostanti …”.

Zona B, un po’ più difficile: le zone che hanno tutti e due i seguenti requisiti:
– la superficie coperta degli edifici esistenti non è inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona;
– la densità territoriale è superiore ad 1,5 mc/mq.
Inoltre, se i lavori della facciata riguardano oltre il 10% dell’intonaco della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio, gli interventi devono soddisfare i requisiti di cui al DM 26 giugno 2015 relativamente alle prestazioni energetiche degli edifici.
Di corsa allora a imparare i nuovi concetti: superficie coperta, densità territoriale (mc/mq), intonaco, superficie disperdente lorda.
Certo, perché a chi chiederanno i contribuenti per primi? Andranno in Comune o all’Agenzia delle Entrate a fare la coda, o chiederanno a noi, magari chiamandoci al cellulare negli orari più improbabili?

È un mestiere duro e complesso, niente da dire.

La situazione però è surreale. Da una parte tutti vogliono fare i commercialisti, molti senza esserlo. Consulenti tributari, sindacati, associazioni di categoria. Ci sono anche i geometri fiscalisti, credo per ripicca alla nostra invasione di campo.
Eppure, dall’altra, quando qualche politico deve farsi bello con i contribuenti non riesce a far di meglio che proporre un mondo ideale dove sia possibile, anzi necessario, fare a meno del commercialista, come se il problema non fosse l’incendio, ma i pompieri.

Subito dopo lo sforzo monstre, economico e organizzativo, richiesto alle imprese per la fatturazione elettronica, ecco che il fisco ha richiesto a tutti gli esercizi al dettaglio la trasmissione telematica dei corrispettivi. Questo ha comportato, di fatto, adeguamenti o sostituzioni dei registratori di cassa, con importi che vanno dai 400 ai 1000 euro.
Se ho capito bene quanto riportato dalle varie relazioni tecniche, i soggetti interessati dalla disciplina che hanno dovuto spendere facciamo 500/600 euro in media a testa, dovrebbero essere almeno 1.100.000, per un esborso complessivo di almeno 5/600 milioni di euro.
L’esborso per registratori di cassa è stato in parte mitigato da un bonus fiscale del 50% del costo di acquisto, ovviamente con limitazioni e distinguo: fino a un massimo di 250 euro in caso di acquisto e fino a un massimo di 50 euro in caso di adattamento.

Chi diavolo avrà mai informato i destinatari dei nuovi obblighi, dell’esistenza di un bonus, delle regole per calcolarlo? Chi lo avrà alla fine calcolato davvero e applicato nella dichiarazione dei redditi di quel milione di contribuenti interessati?
Ma niente. Dopo le affermazioni di insigni esponenti delle istituzioni, che ci vogliono per definizione contigui agli evasori quando non ai criminali, un ospite di una trasmissione televisiva de La7 ha sostenuto che i commercialisti non deducono i costi, essendo conniventi con il fisco per codardia, e sono pure ignoranti, perché se chiedi a 10 commercialisti, ottieni 10 risposte diverse.

Che dire. Botte da uno, botte dall’altro, come il povero Arlecchino nella commedia di Goldoni.

Solo una considerazione, ovvia, che faccio malvolentieri perché l’ovvio si deve discutere solo con le persone ignoranti o in malafede o ignoranti in malafede.

Andare dal commercialista non è obbligatorio.

Non è come il notaio, l’avvocato, il geometra senza l’intervento del quale non puoi trasferire la sede legale della tua società da un Comune ad un altro, non puoi intentare una causa, non puoi costruire il muretto di recinzione di casa.
Anzi, usciamo una volta per tutte da questo inghippo, facciano davvero tutti tutto da soli, o chiedano consulenza agli enti preposti se mai avessero dei dubbi (tipo se casa tua è in zona A o B).

Finalmente liberi dal giogo dei commercialisti e rientrati in possesso delle qualche migliaia di euro che un commercialista costa in un anno ad un’azienda, contribuenti e imprenditori potranno finalmente risorgere a vita nuova, riprendere a investire, crescere e assumere, generando utili e ricchezza che il fisco potrà adeguatamente e liberamente tassare per coprire il deficit generato dalla spesa pubblica e in pochi anni estinguere il debito pubblico.

Accidenti, come abbiamo fatto a non pensarci prima?