Specularmente tali emolumenti sono soggetti a imposizione in capo al percettore

Di Luca FORNERO

I compensi corrisposti all’amministratore di una srl unipersonale sono deducibili ai sensi dell’art. 95 comma 5 del TUIR. Infatti, tali società, essendo incluse nel novero dei soggetti IRES, non rientrano nella disciplina dettata dall’art. 60 del TUIR (che non ammette deduzioni, a titolo di compenso, per il lavoro svolto, tra gli altri, dall’imprenditore). In capo al percettore, gli emolumenti saranno soggetti a imposizione, non applicandosi l’art. 8 comma 1 del TUIR, nemmeno quando questi assuma il ruolo di unico socio.
Resta, in ogni caso, fermo il potere dell’Amministrazione finanziaria di disconoscere, totalmente o parzialmente, la deducibilità degli oneri in esame ove appaiano sproporzionati.

È questo, in sintesi, il contenuto della risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-02714, che, a quanto ci consta, costituisce il primo chiarimento di fonte ufficiale sul tema.
Come già evidenziato su Eutekne.info (si veda “Compensi di amministratori unici di srl unipersonali al vaglio della deducibilità” dell’8 gennaio 2020), nel caso preso in esame, la questione è duplice: a quella “tradizionale” della deducibilità dei compensi all’amministratore unico (già di per sé controversa), si affianca quella della coincidenza tra socio unico e amministratore.

In merito al primo aspetto, la risposta si allinea all’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria (ris. nn. 158/2002 e 113/2012, quest’ultima espressamente richiamata), secondo la quale il citato art. 60 del TUIR si riferisce, in realtà, “al solo imprenditore individuale e non anche all’impresa esercitata in forma collettiva”. In senso conforme si è espressa anche la precedente R.M. n. 876/79, con cui era stato puntualizzato che la società di capitali è un soggetto giuridicamente e tributariamente autonomo rispetto ai soci, ai quali pertanto può richiedere prestazioni tecnico-professionali.
In tale ottica, l’art. 60 del TUIR non è applicabile ai compensi degli amministratori, in quanto corrisposti da un soggetto collettivo; i compensi sono quindi deducibili ai sensi dell’art. 95 comma 5 del TUIR.

La tesi dell’Amministrazione è contraria a quella della Suprema Corte (per tutte, Cass. n. 25572/2013), secondo la quale il compenso non sarebbe deducibile dal reddito d’impresa; ciò in quanto, sussistendo un’equiparazione tra amministratore unico e imprenditore, la remunerazione riconosciuta rientrerebbe in quella relativa all’attività svolta dall’imprenditore, la cui deducibilità è vietata dall’art. 60 del TUIR.
Anche la giurisprudenza di merito si è espressa sulla questione, giungendo a soluzioni opposte (a favore della deducibilità, C.T. Prov. Alessandria n. 77/2010; in senso contrario C.T. Prov. Alessandria n. 24/2010 e C.T. Reg. Torino n. 8/34/12).

In dottrina, l’orientamento maggioritario è favorevole alla deducibilità, in base alla considerazione che non dovrebbero verificarsi, nella maggior parte dei casi, arbitraggi fiscali. Infatti, come affermato dalla Cassazione n. 24957/2010, le aliquote applicabili ai redditi degli amministratori sono, di regola, superiori a quelle relative ai redditi delle società e l’Amministrazione finanziaria dovrebbe eventualmente contestare i soli casi in cui il carico impositivo gravante sui detti amministratori risulti apprezzabilmente inferiore alle imposte “risparmiate” dalla società attraverso la deduzione dei compensi.
Inoltre, dovendo evitarsi duplicazioni impositive, se la società non può dedurre il compenso, lo stesso non può essere assoggettato a imposizione in capo all’amministratore.

Quanto al secondo profilo (coincidenza tra socio unico e amministratore), già prima della risposta in commento pareva ragionevole pronunciarsi per la deducibilità degli emolumenti erogati. In tal senso, deponeva la C.T. Reg. Toscana n. 1294/6/18, ad avviso della quale, nella srl unipersonale, i compensi corrisposti all’amministratore non possono essere considerati indeducibili perché non deliberati dall’assemblea, atteso che la società è, appunto, composta da una sola persona, che, oltre a essere il solo socio, è anche amministratore unico.

Secondo i giudici, la contestazione dell’avvenuta deduzione fondata sulla pretesa mancanza della delibera assembleare assume aspetti più formali che sostanziali, laddove risulti che il compenso sia stato regolarmente indicato tra i costi della società e riportato nella dichiarazione dei redditi dell’amministratore stesso, con conseguente assoggettamento a imposizione.

Infine, come ribadito nella risposta, i compensi corrisposti, essendo deducibili in capo alla società, sono imponibili in capo all’amministratore unico. Infatti, esulandosi dall’art. 60 del TUIR, non può applicarsi nemmeno l’art. 8 comma 1 del medesimo TUIR, che, escludendo dalla formazione del reddito complessivo dei percipienti i compensi non ammessi in deduzione a norma dello stesso art. 60, risulta anch’esso, di fatto, applicabile ai soli imprenditori individuali.