Rileva anche un’eccessiva dipendenza finanziaria dai compensi complessivi che la rete professionale revisore-commercialista percepisce dalla società
Nell’ambito della valutazione del possesso dei requisiti di indipendenza ai fini dell’accettazione (o mantenimento) di un incarico di revisione, il professionista deve effettuare le opportune verifiche sia con riferimento alla sua persona che alla rete professionale di appartenenza.
Si pensi, ad esempio, al caso di una società che propone l’incarico di revisione legale a un professionista che collabora con il commercialista della stessa, sulla base di un accordo che non prevede la condivisione di costi e di utili ma una remunerazione per l’attività svolta su clienti diversi dalla società in questione. In tale contesto ci si può chiedere se sussistano minacce significative all’indipendenza del candidato revisore.
A tal proposito, si ricorda che, ai sensi dell’art. 10 comma 2 del DLgs. 39/2010, “il revisore legale o la società di revisione legale non effettua la revisione legale di una società qualora sussistano dei rischi di auto-riesame, di interesse personale o rischi derivanti dall’esercizio del patrocinio legale, o da familiarità ovvero una minaccia di intimidazione, determinati da relazioni finanziarie, personali, d’affari, di lavoro o di altro genere instaurate tra tale società e il revisore legale o la società di revisione legale o la sua rete, o qualsiasi persona fisica in grado di influenzare l’esito della revisione legale, dalle quali un terzo informato, obiettivo e ragionevole, tenendo conto delle misure adottate, trarrebbe la conclusione che l’indipendenza del revisore legale o della società di revisione legale risulti compromessa”.
L’art. 1 comma 1 lett. l) del DLgs. 39/2010 definisce come rete professionale la struttura più ampia alla quale appartiene un revisore legale che sia “finalizzata alla cooperazione” e che presenti almeno uno dei seguenti requisiti qualificanti:
– condivisione degli utili o dei costi;
– proprietà, controllo o direzione comuni;
– condivisione di direttive e procedure comuni di controllo della qualità;
– strategia aziendale comune;
– utilizzo di una denominazione o di un marchio comune;
– utilizzo di una parte significativa delle risorse professionali.
Con riferimento al rischio di auto-riesame citato nell’art. 10 comma 2 del DLgs. 39/2010 (che si verifica quando il revisore si trova a dover svolgere attività di controllo di dati o elementi che egli stesso o altri soggetti appartenenti alla sua rete professionale hanno contribuito a determinare), si evidenzia che, attualmente, il legislatore fornisce indicazioni in merito ai servizi diversi dalla revisione da considerarsi vietati esclusivamente per gli incarichi di revisione relativi agli enti di interesse pubblico (EIP) e a quelli sottoposti a regime intermedio.
In particolare, per tali soggetti, l’art. 5 del Regolamento Ue n. 537/2014 configura come eventi che compromettono l’indipendenza del revisore e che non possono essere mitigati da misure di salvaguardia, le seguenti attività:
– i servizi che implicano un ruolo nella gestione o nel processo decisionale dell’ente sottoposto a revisione;
– la contabilità e preparazione delle registrazioni contabili e del bilancio;
– la progettazione e la realizzazione di procedure di controllo interno e gestione del rischio relative alla preparazione e/o al controllo dell’informativa finanziaria, oppure progettazione e realizzazione di sistemi tecnologici per l’informativa finanziaria.
In dottrina si è osservato che tali attività vietate per i revisori di bilanci di EIP dovrebbero essere considerate non ammesse anche per la revisione di enti e società non EIP.
Con riguardo all’interesse personale (che si manifesta quando il revisore o la sua rete professionale o qualsiasi altra persona si trovi in una situazione di conflitto di interessi in grado di influire sullo svolgimento dell’attività di revisione e sui risultati della stessa), nelle Linee guida del CNDCEC “Approccio metodologico alla revisione legale affidata al Collegio sindacale nelle imprese di minori dimensioni”, pubblicate nel mese di aprile 2018, viene sottolineato come possa rappresentare un esempio di interesse personale l’eccessiva dipendenza finanziaria dai corrispettivi versati al revisore legale e alla sua rete da parte della società sottoposta a revisione per servizi di audit e di altra natura.
Ciò premesso, con riferimento alla fattispecie ipotizzata, il revisore legale, in sede di svolgimento delle procedure preliminari finalizzate all’accettazione dell’incarico di audit, dovrà, in primo luogo, verificare se il commercialista della stessa possa considerarsi come appartenente alla propria rete professionale; circostanza questa che, in considerazione di quanto sopra evidenziato, potrebbe profilarsi nel caso prospettato.
In particolare, nel caso di specie, posta la manifesta finalità di cooperazione, occorre valutare la sussistenza dei requisiti di direzione comune, di condivisione delle direttive e di strategia aziendale comune. Qualora venga confermata la ravvisabilità tra i due professionisti di una rete, occorrerà verificare la sussistenza di eventuali rischi di auto-riesame e di eccessiva dipendenza dai corrispettivi di revisione e di altre prestazioni (fornite dal commercialista) nei confronti della società.
Per quanto attiene al primo aspetto, ad esempio, ove il commercialista fornisca alla società, come solitamente accade, servizi quali la predisposizione delle dichiarazioni fiscali e del bilancio, il rischio di auto-riesame si può ritenere, sulla base delle considerazioni esposte in premessa, troppo elevato per permettere al professionista di accettare, o di mantenere, l’incarico di revisione.
Qualora, invece le attività svolte dal commercialista comportino un rischio basso di auto-riesame, saranno, comunque, da valutare con particolare attenzione ulteriori minacce all’indipendenza che possano derivare da un’eccessiva dipendenza finanziaria dai compensi complessivi che la rete professionale revisore-commercialista percepisce dalla società.