Dal 2015 significativo calo della mole di maggiore imposta contestata, in parallelo a intensificazione e sistematizzazione delle attività di compliance

Di Enrico ZANETTI

L’inizio di un nuovo decennio è il momento perfetto per tirare bilanci su quello appena trascorso anche con riguardo alle modalità e ai risultati con cui viene portata avanti l’azione di contrasto all’evasione fiscale da parte dell’Amministrazione finanziaria e in particolare dal suo perno in questa funzione, ossia l’Agenzia delle Entrate.

La lettura dei report annuali sui risultati, ma più ancora dei rapporti di verifica del Dipartimento delle Finanze mette in luce come in questi dieci anni le dinamiche operative siano state oggetto di profondi cambiamenti, resi possibili anche dal progresso tecnologico sul versante della digitalizzazione, ma soprattutto dalla volontà politica di sfruttarli per cambiare il verso delle modalità di approccio all’azione di contrasto.

Il decennio appena trascorso si era aperto con dati di incassi per il tramite dell’azione dell’Agenzia delle Entrate nell’ordine di circa 10 miliardi (9,1 miliardi nel 2009; 11 miliardi nel 2010).
Nel 2018 (ultimo dato disponibile, in attesa dei dati 2019), questo dato è cresciuto apparentemente a 19,1 miliardi, ma sostanzialmente a 16,3 miliardi, perché solo quest’ultimo è il dato riferibile agli incassi “strutturali”, mentre la parte restante deriva da partite straordinarie quali la rottamazione delle cartelle e la voluntary disclosure.

A questo trend di crescita “strutturale” su base decennale di quasi il 50% hanno concorso per poco meno del 40% gli incassi derivanti da attività di compliance (pari nel 2018 a 1,8 miliardi e frutto di un percorso innovativo avviato con i 300 milioni del 2015) e per poco più del 60% le entrate derivanti da attività di liquidazione delle dichiarazioni (salite sul piano strutturale dai 4,6 miliardi del 2010 ai 7,9 miliardi del 2018), mentre le entrate derivanti dall’attività di controllo sono rimaste stabili intorno ai 6,5 miliardi.

Se però si va oltre il mero dato dei risultati e si approfondiscono i dati dei sottostanti processi operativi, è proprio il dato degli incassi derivanti da attività di controllo quello che evidenzia il miglioramento più interessante in termini di qualità del rapporto tra Fisco e contribuente.
Quei 6,5 miliardi, nel 2010, venivano infatti incassati a fronte di una maggiore imposta totale accertata e contestata dall’Agenzia delle Entrate ai contribuenti pari a 27,8 miliardi, mentre nel 2018, a parità di incassi, questo dato crolla a 17 miliardi.

Il trend decrescente della mole complessiva di maggiore imposta contestata ai contribuenti (nella costanza però degli incassi derivanti da quelle attività) è forse quello che meglio di ogni altro aiuta a leggere i cambiamenti di approccio, filosofia e clima verificatisi nel corso del decennio.

Fino a tutto il 2012, questo dato si è mantenuto su livelli estremamente elevati (26,3 miliardi nel 2009; 27,8 miliardi nel 2010; 30,4 miliardi nel 2011; 28,2 miliardi nel 2012), per poi subire un primo calo nel biennio 2013-2014 (24 miliardi nel 2013; 25,4 miliardi nel 2014) e un secondo ancora più significativo dal 2015 in poi, in parallelo all’avvio della intensificazione e sistematizzazione delle attività legate alla compliance (20,8 miliardi nel 2015; 18,5 miliardi nel 2016; 18 miliardi nel 2017; 16,9 miliardi nel 2018).

Ovvio che i margini di miglioramento, sia nei risultati che nei processi che li determinano, sono ancora ampissimi e molto potrà e dovrà essere fatto anche nel corso del decennio appena iniziato.
È però evidente che, se tornassero in auge l’approccio operativo, la filosofia politica e il clima che caratterizzarono il rapporto tra Fisco e contribuente nel periodo 2006-2014, quando la maggiore imposta accertata e contestata ai contribuenti viaggiava tra i 25 e i 30 miliardi, non perché si incassasse poi di più, ma perché si sparava ad alzo zero, sarà più facile prevedere un significativo ulteriore passo indietro nella possibilità di fare impresa nel nostro Paese, piuttosto che un auspicabile ulteriore passo avanti nell’azione di contrasto all’evasione fiscale in Italia.