Potrebbero esserci aperture sull’interpretazione della nuova disciplina per esigenze di tutela dell’affidamento dei contribuenti
Sono in corso in questi giorni le verifiche sui requisiti d’accesso e sulle cause ostative per accedere o permanere nel regime forfetario nel 2020. Se tali operazioni risultano relativamente semplici rispetto alle condizioni operative già dall’anno scorso, un certo grado di incertezza sembra emergere rispetto ai limiti reintrodotti dalla legge di bilancio 2020.
Considerando i presupposti del regime già operativi per il 2019 (e confermati per il 2020), il limite di 65.000 euro deve essere verificato in base ai ricavi e ai compensi incassati nel 2019, mentre, per le cause ostative, la situazione è diversificata.
I soggetti che applicano il regime agevolato nel 2020 non possono:
– utilizzare regimi speciali IVA e di determinazione forfetaria del reddito,
– avere la residenza fiscale all’estero (salvo casi particolari),
– compiere, in via esclusiva o prevalente, cessioni di fabbricati o loro porzioni, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi.
Ove una o più di tali condizioni si verificasse nel corso del 2020, il regime sarebbe disapplicato dall’anno successivo.
Le partecipazioni in società di persone, associazioni professionali, imprese familiari o aziende coniugali non ostacolano l’applicazione del regime solo a condizione che il contribuente, nell’anno precedente a quello di applicazione del regime stesso, provveda preventivamente a rimuoverle. Quindi, può applicare il regime forfetario dal 2020 il soggetto che abbia ceduto la partecipazione entro il 31 dicembre 2019.
Le cause ostative relative al possesso di partecipazioni in srl e allo svolgimento dell’attività in regime forfetario in prevalenza nei confronti dell’attuale o del precedente datore di lavoro, invece, vanno valutate solo al termine dell’anno in cui il regime agevolato è stato applicato.
Conseguentemente, se nel 2019 il contribuente ha adottato il regime forfetario, la permanenza nello stesso anche nel 2020 sarà condizionata ai risultati emergenti a fine 2019. Se risulterà, ad esempio, che i servizi prestati da Caio al precedente datore di lavoro nel 2019 ammontano al 40% dei compensi totali, Caio potrà continuare ad applicare il regime. Allo stesso modo, se, nel 2019, il socio in regime agevolato non ha effettuato cessioni di beni o prestazioni di servizi nella srl di cui detiene il controllo, detto regime potrà essere mantenuto.
Nel caso in cui il 2020 sia il primo anno di applicazione del regime forfetario, le predette cause ostative saranno valutate solo alla fine di tale anno, con la conseguenza che se il contribuente le rimuove, potrà permanere nello stesso regime.
A tali presupposti d’accesso, si aggiungono i nuovi limiti introdotti, a decorrere dal 2020 dalla L. 160/2019, relativi:
– al sostenimento di spese per lavoratori e collaboratori per un ammontare non superiore a 20.000 euro lordi (art. 1 comma 54 lett. b) della L. 190/2014);
– al possesso di redditi di lavoro dipendente e a questo assimilati per un ammontare non superiore a 30.000 euro, salvo che il rapporto lavorativo sia cessato (art. 1 comma 57 lett. d-ter) della L. 190/2014).
In base alla formulazione letterale della norma, tali limiti si valutano con riferimento “all’anno precedente”. Ciò significa che il sostenimento nel 2019 di spese per lavoro dipendente per un ammontare superiore a 20.000 euro, e/o la percezione nel 2019 di redditi di lavoro dipendente di ammontare superiore a 30.000 euro, determinerebbero la fuoriuscita dal regime dal 2020. La contrazione del regime per effetto dell’introduzione dei predetti limiti è stata stimata in circa 340.000 unità nella relazione tecnica al Ddl. di bilancio.
Se il dato normativo non pare consentire letture differenti rispetto a quella sopra esposta, si può osservare come il far dipendere l’utilizzabilità del regime da una condizione che è andata consolidandosi nel corso del 2019 e sulla quale non v’era possibilità di intervento, in quanto divenuta certa solo dopo l’approvazione definitiva della legge di bilancio, non tutela l’affidamento dei contribuenti e rende cronicamente precarie le scelte organizzative inerenti l’attività imprenditoriale o professionale.
Proprio l’esigenza di tutelare l’affidamento dei contribuenti è stata determinante nella decisione di non ridurre l’attuale limite di 65.000 euro di ricavi e compensi (proposta avanzata in fase di elaborazione del Ddl. di bilancio) e potrebbe suggerire un’apertura nell’interpretazione della nuova disciplina. Seguendo questa impostazione, potrebbe essere condivisa dall’Amministrazione la proposta, avanzata da più parti, di posticipare al 2020 la valutazione dei nuovi limiti, con effetti sull’utilizzabilità del regime dal 2021.
Una tempestiva presa di posizione dell’Amministrazione appare quanto mai opportuna ed eviterebbe, sia in caso di risposta positiva che di risposta negativa, l’aggravio di successive azioni correttive a carico dei contribuenti.