La combinazione tra ACE e nuovo credito d’imposta del 6% consente benefici da ripartire, però, su base quinquennale

Di Gianluca ODETTO

Con un quadro ormai definito delle misure fiscali della manovra finanziaria per il 2020 che riguardano le imprese, è possibile fare alcune prime considerazioni in merito alle prospettive che si delineano per gli investimenti da effettuare nel 2020 e alle possibili misure agevolative che assistono gli stessi.

In questo contesto, il Ddl. di bilancio 2020 prevede:
– da un lato, all’art. 1 comma 287, il ripristino dell’ACE, pur con un coefficiente di remunerazione molto ridotto (1,3%) che ne depotenzia in modo significativo gli effetti;
– dall’altro, all’art. 1 commi 185 e seguenti, un nuovo credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali, inserito in luogo dei super-ammortamenti e pari al 6% del costo sostenuto, con un limite massimo di costi ammissibili di 2 milioni di euro (percentuali sensibilmente maggiori, sia per quanto riguarda il credito che per quanto riguarda il plafond dei costi ammissibili, sono previste per i beni ex iper-ammortizzabili).

In estrema sintesi, ponendosi nell’ottica delle società di capitali, l’acquisizione di un bene in autofinanziamento consente, per grandi numeri, un beneficio fiscale aggiuntivo (ulteriore, cioè, a quello degli ammortamenti) pari a circa il 6,3% del costo sostenuto, importo solo di poco superiore a quello previsto per gli investimenti finanziati a debito. Questo dato può rappresentare, con buona approssimazione, una misura sulla quale costruire i business plan a medio termine.

Per fare un semplice esempio, nel momento in cui la società provveda ad assumere risorse proprie nel 2020 (con l’accantonamento dell’utile dell’esercizio 2019, nuovi conferimenti dei soci o la rinuncia, da parte degli stessi, ai crediti vantati verso la società) per un milione di euro, il beneficio correlato all’ACE sarebbe pari, in termini di detassazione, a 13.000 euro (l’1,3%), a cui corrisponde a sua volta una minore IRES per (soli) 3.120 euro. Ciò, naturalmente, ipotizzando che non vi sia una base ACE pregressa, la quale potrebbe incrementare il beneficio.

Se con gli stessi fondi derivanti dall’autofinanziamento l’impresa acquista un bene strumentale “ex super-ammortizzabile”, essa maturerà un credito d’imposta di 60.000 euro, utilizzabile in compensazione di altri tributi e contributi nel modello F24 in quote costanti di 1/5 nei 5 periodi d’imposta successivi (il beneficio, per come è scritta la norma, riguarda i soli investimenti effettuati nel 2020, anche se già da ora risulta presumibile che vi siano aspettative che – così come accaduto per super-ammortamenti e iper-ammortamenti – esso possa essere stabilizzato).

Il beneficio aggiuntivo connesso all’investimento autofinanziato ammonta, quindi, a 63.120 euro (come detto, circa il 6,3% del costo dell’investimento), di cui l’impresa beneficerebbe, a livello finanziario:
– per 15.120 euro nel 2021 (3.120 euro a titolo di minor saldo IRES relativo al 2020 derivante dall’ACE, unitamente alla prima “rata” di 12.000 euro del credito d’imposta, quest’ultimo come detto utilizzabile anche a scomputo di altre imposte o contributi);
– per 12.000 euro negli anni dal 2021 al 2025, pari alle “rate” successive del credito d’imposta.

Il beneficio aggiuntivo legato all’ACE risulta, quindi, scarsamente rilevante (a meno che l’impresa possa vantare una base ACE pregressa notevole), e non potrà risultare peraltro espandibile con l’eventuale ricorso alla rivalutazione dei beni d’impresa, anch’essa riaperta dal Ddl. di bilancio per il 2020, avendo il saldo attivo di rivalutazione natura di riserva indisponibile ai fini dell’agevolazione.

Assumendo, infatti, che l’impresa finanzi a debito l’investimento, rimarrebbe pur sempre la possibilità di beneficiare del credito d’imposta del 6%, per cui nel business plan a cinque anni rimarrebbe comunque da allocare il risparmio connesso alla nuova agevolazione. La valutazione, naturalmente, risulta neutra sotto il profilo fiscale se l’impresa ha un ROL capiente e può quindi dedurre integralmente gli interessi passivi corrisposti al finanziatore.

Va da ultimo ricordato che, se l’investimento è in beni materiali ex iper-ammortizzabili (inclusi nell’Allegato A alla L. 232/2016), il credito compete sino ad un tetto massimo di 10 milioni di euro per i costi ammissibili, ed è riconosciuto nelle misure del 40%, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro, e del 20% per gli investimenti tra 2,5 e 10 milioni di euro, con risparmi d’imposta che assumono quindi un’entità sensibilmente superiore.