Alcuni Uffici potrebbero ritenere dovuto un versamento di almeno 1,03 euro

Di Alfio CISSELLO e Massimo NEGRO

Il DM 12 dicembre 2019 ha modificato il tasso di interesse legale di cui all’art. 1284 c.c., abbassandolo dall’attuale 0,8% allo 0,05% in ragione d’anno, a partire dal 1° gennaio 2020.

Uno dei principali effetti di ciò, in ambito fiscale, riguarda il calcolo degli interessi in ragione del ravvedimento operoso ex art. 13 del DLgs. 472/97.
In questo caso, infatti, il tasso legale da applicare è quello in vigore nei singoli periodi, secondo un criterio di pro rata temporis, ed è, quindi, pari allo 0,8% fino al 31 dicembre 2019 e allo 0,05% dal 1° gennaio 2020 fino al giorno di versamento compreso.

La previsione, dal prossimo 1° gennaio, di un tasso di interesse legale così basso rappresenta l’occasione per interrogarsi sulla necessità di effettuare un versamento minimo a titolo di interessi.

Occorre distinguere quella che può essere ritenuta la soluzione più corretta da quella che può essere la soluzione maggiormente prudente (o meglio, la soluzione idonea a causare meno “inconvenienti”).
Per quanto ci risulta, il problema inerente ai versamenti minimi in ambito tributario era, in origine, disciplinato dall’art. 2 della L. 935 del 1977: “Qualora la somma da versare, da rimborsare o da riportare a credito non superi le mille lire, non si fa luogo al versamento, al rimborso o al riporto del credito”.

Il Ministero delle Finanze, con la circolare n. 125 del 1998, § 13, ha in sostanza specificato, in merito all’allora neointrodotto sistema dei versamenti unitari: “vigendo ai sensi della legge 23 dicembre 1977, n. 935, (articolo 2, secondo comma) il limite minimo di versamento pari a lire 1000 ed essendo, sempre ai sensi della stessa legge gli importi da versare all’erario per ciascuna imposta soggetti all’arrotondamento alle 1000 lire, l’importo minimo da indicare nel modello di versamento F24 relativamente ad ogni singolo codice tributo è, fatte salve le particolari previsioni relative a specifici tributi (es. legge n. 121/1986 ovvero articolo 27, comma 2, D.P.R. 633/1972 per l’IVA), pari a lire 2000”.

In sostanza, il limite minimo di 1.000 lire viene elevato a 2.000 lire senza base legislativa.
Da ciò, per quanto ci consta, origina il limite minimo di pagamento per codice tributo nel modello F24, diventato pari a 1,03 euro.
Si vedano le istruzioni alla compilazione del modello REDDITI PF 2019, fascicolo I, ove, a pagina 7, si legge: “l’importo minimo da indicare nel modello relativamente ad ogni singolo codice tributo è pari a euro 1,03”.

In primo luogo, si passa da una legge che, in breve, vieta di effettuare pagamenti di importo inferiore alle mille lire (0,52 euro), a una interpretazione dell’Amministrazione finanziaria che incrementa il limite a duemila lire (1,03 euro).
Poi, l’Agenzia delle Entrate, che sarebbe chiamata ad applicare la legge, non dice che sono vietati i pagamenti in F24 sino a 1,03 euro, ma, almeno secondo l’interpretazione di alcuni uffici, che “bisogna” pagare almeno 1,03 euro.

Allora, appare naturale che molti professionisti e contribuenti (come già fanno da anni), per evitare di perdere tempo (e di rischiare addirittura il disconoscimento del ravvedimento), valutano e, visto il nuovo tasso dello 0,05%, valuteranno di effettuare un pagamento di interessi legali pari ad almeno 1,03 euro.