Con la Direttiva Ue in materia saranno coinvolte tutte le imprese con almeno 50 dipendenti o comunque operanti in settori ad alto rischio

Di Erisa PIRGU

Il 26 novembre scorso è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione la Direttiva Ue 2019/1937 sulla “Protezione degli individui che segnalano violazioni delle norme comunitarie”.
Il provvedimento mira ad armonizzare la disciplina relativa al whistleblowing tra gli Stati membri, introducendo alcune norme minime di tutela in materia.

Si ricorda che il termine whistleblowing si riferisce alla segnalazione da parte dei dipendenti di gravi irregolarità e comportamenti scorretti tenuti all’interno di società o enti in cui lavorano: si pensi, ad esempio, alle violazioni in materia di sicurezza sul lavoro, a episodi corruttivi o di frode.

Strutturalmente sono tre le forme in cui si è manifestato il fenomeno: quello interno all’ente, in cui la segnalazione è rivolta alle funzioni superiori; quello esterno, diretto alle autorità preposte e, infine, le divulgazioni pubbliche, attraverso la stampa e i media.
Salvo alcuni interventi normativi settoriali, il legislatore è intervenuto sul punto solo recentemente, prima con riferimento ai dipendenti pubblici (con la L. 190/2012) e successivamente anche al settore privato, attraverso una modifica degli oneri organizzativi richiesti dal DLgs. 231/2001 (con L. 179/2017). Allo stato, però, la normativa resta ancora sotto vari profili insoddisfacente.

È proprio per colmare le lacune delle discipline nazionali che è stata adottata la Direttiva in esame.
Questa trova applicazione con riferimento alle violazioni del diritto europeo che riguardano i principali settori di interesse dell’Unione (tra questi, nello specifico: gli appalti pubblici, i servizi, prodotti e mercati finanziari, la prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo nonché la salute pubblica, l’ambiente e la protezione dei consumatori).
Tra le principali novità introdotte si segnalano l’estensione dei soggetti tutelati, l’ampliamento delle imprese destinatarie e la previsione di un termine massimo per la gestione delle segnalazioni.

Anzitutto, viene ampliata la figura del whistleblower tutelato: la protezione accordata si riferisce infatti anche a soggetti esterni all’impresa, dovendosi tener conto dell’“insieme delle persone collegate in senso ampio all’organizzazione in cui si è verificata la violazione”, come sottolinea il n. 38 dei considerando della Direttiva.
Nello specifico, le disposizioni dovranno essere applicate a tutte le persone aventi la qualità di lavoratore secondo la definizione fornita dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, compresi i dipendenti pubblici: all’interno di questa categoria rientrano, oltre ai lavoratori subordinati, anche quelli con contratti atipici, a tempo parziale, a tempo determinato, nonché i lavoratori interinali e precari.

La tutela viene poi estesa anche a soggetti non inquadrabili come dipendenti ma che possono ugualmente trovarsi in situazioni di vulnerabilità, come i lavoratori autonomi o indipendenti, gli azionisti e membri dell’organo di amministrazione, direzione o vigilanza di un’impresa (compresi i membri senza incarichi esecutivi), i volontari, i tirocinanti (retribuiti e non) nonché qualsiasi persona che lavori sotto la supervisione e la direzione di appaltatori, subappaltatori e fornitori.
Le misure di sostegno operano anche quando le segnalazioni siano state acquisite in costanza di un rapporto di lavoro poi terminato e nel caso in cui questo non abbia ancora avuto inizio.

Tra i destinatari figurano inoltre i “facilitatori” (coloro che assistono il whistleblower nel processo di segnalazione) e i terzi connessi al segnalante, come familiari o colleghi: in tal modo, il legislatore europeo si preoccupa di neutralizzare anche le ritorsioni “indirette”, vale a dire quelle destinate a soggetti differenti rispetto al segnalante attraverso i quali è possibile arrecargli pregiudizio.

Con la Direttiva mutano anche i soggetti coinvolti, che non saranno più solo gli enti che hanno adottato il modello ex DLgs. 231/2001, ma tutte le imprese con almeno 50 dipendenti o comunque operanti in settori ad alto rischio. Tali soggetti saranno tenuti a istituire appositi canali interni volti a consentire la segnalazione di condotte illeciti. Le segnalazioni dovranno inoltre essere gestite da un referente aziendale che informi il whistleblower sull’andamento degli accertamenti e concluda l’indagine entro un termine ragionevole, individuato in massimo tre mesi.

Gli Stati membri, d’altro canto, dovranno predisporre canali esterni indipendenti rispetto a quelli istituiti all’interno dell’impresa e fornire misure di sostegno nei confronti dei whistleblower nell’ambito di eventuali procedimenti giudiziari sorti a causa della segnalazione.

Le nuove previsioni dovranno essere recepite entro due anni dalla pubblicazione della Direttiva sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione.