La previsione è contenuta nel Ddl. di conversione del decreto fiscale, sul quale oggi la Camera voterà la questione di fiducia

Di Luisa CORSO e Gianluca ODETTO

Il Ddl. di conversione del DL 124/2019 (c.d. DL fiscale), su cui oggi la Camera voterà la questione di fiducia posta ieri  sera dal Governo dopo il rinvio del testo in Commissione Finanze deliberato dall’Aula, modifica, mediante l’art. 32-quater, il regime fiscale degli utili corrisposti alle società semplici, disponendo che questi ultimi “si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale”.

Più nello specifico, gli utili distribuiti alle società semplici, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione, anche nei casi di recesso, di esclusione, di riscatto e di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale delle società (art. 47 comma 7 del TUIR), da società ed enti residenti, seguono il regime fiscale applicabile in capo al socio che li percepisce, indipendentemente dalla “intermediazione” della società semplice. Pertanto:
– nel caso di socio-società di capitali, gli utili sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo per il 95% del loro ammontare;
– nel caso di socio-società di persone commerciale, gli utili sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo, nella misura del 41,86% del loro ammontare;
– nel caso di socio-persona fisica residente che possiede partecipazioni, qualificate e non qualificate, non relative all’impresa, gli utili sono soggetti a ritenuta a titolo d’imposta del 26% (art. 27 comma 1 del DPR 600/73).

In tale ultimo caso, il soggetto tenuto a effettuare la ritenuta è la società o ente emittente, cui la società semplice deve fornire le informazioni necessarie. Pur in mancanza di indicazioni normative, sembra che, per le partecipazioni in società non residenti, la società semplice sia tenuta a fornire le informazioni utili ai fini dell’applicazione della ritenuta all’intermediario che interviene nella riscossione degli utili.

L’intervento normativo in parola colma la lacuna normativa emersa a seguito dell’abrogazione del primo periodo del comma 1 dell’art. 47 del TUIR, effettuata dall’art. 1 commi 999 e ss. della L. 205/2017, il quale ha equiparato il trattamento impositivo dei dividendi percepiti da persone fisiche in possesso di partecipazioni qualificate e non, disponendo in entrambi i casi l’applicazione della ritenuta del 26%.
L’abrogato art. 47 comma 1 primo periodo del TUIR stabiliva che, fuori dai casi di applicazione della ritenuta (mai applicabile agli utili percepiti dalle società semplici in base alla circ. n. 26/2004, § 3.1), i dividendi percepiti da tali società risultavano imponibili (e imputati per trasparenza ai soci), indipendentemente dall’entità della partecipazione detenuta, nel limite del 40%, se formati con utili prodotti sino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2007; la percentuale aumentava al 49,72% per gli utili prodotti dal 2008 al 2016 e al 58,14% per gli utili formati dal 2017, per effetto dei DM 2 aprile 2008 e 26 maggio 2017.

Venuto meno l’appiglio normativo per sostenere il concorso dei dividendi al reddito delle società semplici in misura parziale, in dottrina sono state prospettate le soluzioni alternative dell’imponibilità integrale o del concorso parziale, al pari degli utili percepiti dalle società di persone commerciali, degli utili percepiti dalle società semplici.

Nelle istruzioni al quadro RL del modello REDDITI SP 2019 l’Agenzia delle Entrate ha avallato la tesi dell’imponibilità integrale, rendendo plausibile, seppur con una formulazione criptica, l’applicabilità agli utili percepiti dalle società semplici del regime transitorio previsto dall’art. 1 comma 1006 della legge di bilancio 2018.
In base a tale ultima norma, alle distribuzioni di utili derivanti da partecipazioni qualificate deliberate dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022 e formatesi con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017, continuano ad applicarsi le precedenti percentuali di parziale concorso alla formazione del reddito (senza che l’utile sconti, quindi, la ritenuta a titolo d’imposta).

La nuova norma, pur chiarendo quale sia il trattamento fiscale da riservare agli utili percepiti dalle società semplici, paragonato ora a quello applicabile in caso di percezione diretta del dividendo da parte dei soci, presenta alcune problematiche. Non è infatti prevista alcuna decorrenza per l’applicazione della nuova disciplina, né alcun riferimento al periodo di formazione degli utili o richiamo a norme che contengano tale indicazione.

Come risultato, l’art. 32-quater non chiarisce se in caso di socio-persona fisica non imprenditore risulti applicabile il descritto regime transitorio, in luogo della ritenuta del 26%. Sebbene l’art. 1 comma 1006 citato operi in deroga a una norma (l’art. 27 comma 1 del DPR 600/73), applicabile nei confronti delle persone fisiche non imprenditori e non faccia riferimento agli utili percepiti dalle società semplici, la formulazione impiegata dal nuovo art. 32-quater del DL 124/2019 dovrebbe far propendere per la soluzione positiva nella parte in cui considera applicabile a ciascuna categoria di soci percettori il “corrispondente regime fiscale”.