Il ravvedimento operoso, in costanza dei requisiti di legge, dovrebbe essere molto più conveniente

Di Alfio CISSELLO

Sia nel DL 124/2019 (c.d. decreto fiscale) sia nel disegno di legge di bilancio 2020 compaiono misure che, sotto diverse forme (principalmente, sotto forma di credito d’imposta o di rimborso) premiano i contribuenti che rinunciano, in modo più o meno consistente, all’utilizzo del contante.

Il sistema, tuttavia, già prevede, da diversi anni, benefici fiscali (in caso di eventuale accertamento) per chi rinuncia al contante, benefici che, almeno così sembra, talvolta vengono dimenticati.
L’art. 2 comma 36-vicies ter del DL 138/2011 prevede che le sanzioni di cui agli artt. 15 e 6 del DLgs. 471/97 siano ridotte alla metà per gli imprenditori ed esercenti arti e professioni con ricavi e compensi dichiarati non superiori a 5 milioni di euro che evitano, per tutte le transazioni finanziarie (quindi attive e passive), l’utilizzo del contante e indicano, nella dichiarazione dei redditi e nella dichiarazione IVA, i rapporti intrattenuti con gli istituti di credito.

Si tratta delle sanzioni che, in sostanza quasi sempre, vengono commesse in conseguenza di una dichiarazione di una minore imposta (vuoi per effetto di errore, vuoi per vero intento evasivo): la dichiarazione infedele e l’errore sulla fatturazione delle operazioni, errore che si pone a monte della violazione dichiarativa.

A tal fine, sia nella dichiarazione dei redditi che nella dichiarazione IVA è possibile indicare gli estremi identificativi dei conti correnti sui quali sono transitate le operazioni passive e attive.
Si veda il quadro VB della dichiarazione IVA 2019 e il quadro RS rigo 35, facendo l’esempio del modello REDDITI PF 2019.

È quindi necessario che ogni operazione attiva e passiva sia transitata nel conto corrente indicato.
Poco importa, per come è scritta la norma, che si tratti di costi inerenti o meno, oppure indeducibili per altre disposizioni di legge.
Invece, per far “saltare” il beneficio è sufficiente che una sola operazione attiva o passiva non sia transitata nel conto corrente indicato.

Per fare l’esempio più semplice, se l’Agenzia delle Entrate rinviene anche un solo compenso o ricavo non dichiarato, il beneficio non spetta, a prescindere dall’importo di ciò.
Lo stesso dicasi se viene indicato un costo inesistente in senso oggettivo (non sussisterebbe più, in tal caso, il requisito previsto, consistente nel far transitare “tutte” le operazioni nel conto indicato).

Il beneficio consiste nell’automatica riduzione alla metà delle sanzioni, senza alcun profilo discrezionale degli uffici.
Questo dimezzamento è destinato ad operare anche in sede di ravvedimento operoso, stante l’assenza di una indicazione normativa in senso contrario.
Ciò siccome il ravvedimento è incompatibile con tutte le disposizioni che, per poter operare, necessitano di una valutazione discrezionale riconducibile all’ente impositore (il caso lampante è l’art. 12 del DLgs. 472/97 sul cumulo giuridico e la continuazione), tra cui non rientra il beneficio in esame.

Se, oggi, un contribuente deve ravvedere un’errata detrazione IVA, che ha avuto risvolto ai fini delle dirette, la base di computo per le sanzioni da errata fatturazione/registrazione dell’operazione (art. 6 del DLgs. 471/97) e da infedele dichiarazione (artt. 1 e 5 del DLgs. 471/97) non è il 90% dell’imposta ma il 45%.

Lo stesso discorso va fatto in relazione all’accertamento: nel momento in cui l’Agenzia delle Entrate nota la compilazione del quadro e/o del rigo della dichiarazione prima illustrato, deve considerare, in automatico, le sanzioni nella misura dimezzata, e su tale misura sarà applicata l’eventuale riduzione per definizione agevolata (art. 17 del DLgs. 472/97) o per acquiescenza (art. 15 del DLgs. 218/97).

Vista la chiarezza del dato normativo, il beneficio sussiste solo per le sanzioni indicate, senza possibilità di estensione analogica.
Di conseguenza, se dall’errore è scaturito un omesso versamento nella liquidazione periodica, il ravvedimento deve avvenire sulla sanzione dell’art. 13 del DLgs. 471/97 “piena”, che può quindi essere del 30% o del 15%.