Per la Cassazione, l’opzione rimane alternativa agli ulteriori istituti del cumulo e della totalizzazione

Di Luca MAMONE

Per i liberi professionisti, quali ad esempio i commercialisti, è sempre possibile operare la ricongiunzione dei periodi contributivi ex L. 45/90 (ai fini del diritto e della misura di un’unica pensione) presso la propria cassa, senza alcuna limitazione ed indipendentemente dalla omogeneità o meno del metodo di calcolo delle contribuzioni versate nelle diverse gestioni.

Tale principio di diritto è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 26039 depositata ieri, respingendo il ricorso con cui l’INPS, in relazione al caso di specie, sosteneva possibile solo l’accesso agli istituti della totalizzazione e del cumulo contributivo.
Nel caso della sentenza in esame, va detto che già la Corte di appello di Ancona aveva riconosciuto il diritto di un dottore commercialista iscritto alla CNPADC di ottenere la ricongiunzione presso la propria cassa professionale dei contributi versati presso la Gestione separata dell’INPS.

Nell’occasione, la Corte territoriale aveva ritenuto sussistente tale diritto in base alla disposizione ex art. 1 comma 2 della L. 45/90 che in modo espresso riconosce la facoltà di ricongiungere i requisiti accreditati presso l’Assicurazione generale obbligatoria (AGO) nella gestione in cui il richiedente risulta iscritto in qualità di libero professionista, e ciò senza limitazioni e a prescindere dalla omogeneità o meno delle contribuzioni versate nelle rispettive gestioni, quella di provenienza e quella di destinazione.

Va infatti ricordato che il comma 2 del citato art. 1 stabilisce che – in modo analogo a quanto previsto al precedente comma 1 per i lavoratori dipendenti o autonomi – anche per il libero professionista che sia stato iscritto a forme obbligatorie di previdenza per lavoratori dipendenti, pubblici o privati, o per lavoratori autonomi, sia riconosciuta la facoltà di ottenere la ricongiunzione di tutti i periodi di contribuzione presso le medesime forme previdenziali, nella gestione cui risulta iscritto in qualità di libero professionista.

Nel ricorso per cassazione, l’INPS contesta una non conformità della sentenza d’appello alla predetta norma, sostenendo invece che in questo caso la facoltà di ricongiunzione non può essere riconosciuta se il trattamento pensionistico dell’interessato deve essere calcolato utilizzando il solo metodo contributivo; in tal caso, evidenzia l’Istituto previdenziale, opererebbero invece i diversi istituti del cumulo e della totalizzazione.

Per la Cassazione, tale motivo risulta infondato, soprattutto alla luce di quanto stabilito da una risalente pronuncia della Corte Costituzionale, la n. 61/99, che ha ritenuto costituzionalmente illegittimi gli artt. 1 e 2 della L. 45/90 nella parte in cui non prevedono, in favore dell’assicurato, la facoltà di scelta fra la ricongiunzione e la totalizzazione, o comunque la possibilità di optare per un meccanismo alternativo alla ricongiunzione onerosa.

Secondo i giudici di legittimità si tratta dunque di un’interpretazione dell’art. 1 comma 2 della L. 45/90 che delinea un’assenza di limiti alla facoltà di avvalersi dell’istituto della ricongiunzione – più costosa ma anche più vantaggiosa ai fini della misura dell’assegno pensionistico – in alternativa agli ulteriori istituti gratuiti del cumulo e della totalizzazione.

In ultimo, si ricorda che i presunti limiti alla facoltà di ricorrere alla ricongiunzione, ritenuti inesistenti dalla Cassazione ma sostenuti dall’INPS nel ricorso, deriverebbero alla disomogeneità del sistema di calcolo del trattamento pensionistico, nonché da un presunto allineamento della norma alla disposizione del comma 1 dell’art. 1 della L. 45/90, prevista per i lavoratori dipendenti, che ammetterebbe la ricongiunzione solo “in entrata” della contribuzione accreditata presso le casse per i liberi professionisti.