La deroga ex art. 9 del DLgs. 74/2000 non opera quando il destinatario delle fatture non ne abbia fatto concreto utilizzo

Di Maria Francesca ARTUSI

Il tema del concorso di persone nei casi di emissione e utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è regolamentato dall’art. 9 del DLgs. 74/2000. Questa disposizione deroga rispetto alla tradizionale disciplina del concorso di persone prevista dall’art. 110 c.p. escludendo che l’emittente di fatture false, punibile ai sensi dell’art. 8 del DLgs. 74/2000, possa essere ritenuto responsabile anche del reato di dichiarazione fraudolenta ai sensi dell’art. 2 del medesimo decreto; e viceversa.

Con la sentenza n. 41124, depositata ieri, la Corte di Cassazione precisa che la ratio che sorregge la norma appena ricordata riposa nell’esigenza di evitare che la sola circostanza di utilizzazione, da parte del destinatario, delle fatture per operazioni inesistenti possa integrare anche il concorso nell’emissione delle stesse così come, all’inverso, il solo fatto dell’emissione possa integrare il concorso nell’utilizzazione, da parte del destinatario che abbia a indicarle in dichiarazione, delle medesime.
In altri termini, il legislatore ha inteso evitare la sostanziale sottoposizione per due volte a sanzione penale dello stesso soggetto per lo stesso fatto, giacché l’emissione trova la sua naturale conseguenza nell’utilizzazione mentre l’utilizzazione trova il suo naturale antecedente nell’emissione. Né l’emissione né l’utilizzazione sono, infatti, fini a sé stesse sicché, ove l’emissione integrasse anche il concorso nell’utilizzazione così come l’utilizzazione integrasse anche il concorso nell’emissione, il risultato sarebbe quello di una sostanziale violazione del divieto di “bis in idem”, che il citato art. 9 ha, dunque, inteso scongiurare.

Tale principio generale va, tuttavia, calato nella realtà di ogni singolo procedimento. Nel caso affrontato dalla pronuncia in commento era imputato per concorso in emissione di fatture per operazioni inesistenti l’amministratore delegato della società destinataria di tali fatture.
Queste non erano, però, mai state inserite nelle dichiarazioni dei redditi e, pertanto, non si era mai effettivamente integrato il reato di cui all’art. 2 del DLgs. 74/2000 (in quanto – va ricordato – quest’ultimo si consuma con la dichiarazione essendo irrilevanti gli atti meramente prodromici).

Così stando le cose, i giudici di legittimità evidenziano come il limite al concorso tra le due fattispecie non operi allorquando, come nel caso di specie, il destinatario delle fatture non ne abbia fatto utilizzazione (e, infatti, non risulti essere stato imputato per il reato di cui al citato art. 2). D’altra parte, ben può sussistere la partecipazione all’emissione, dal momento che i pagamenti effettuati dalla società dichiarante nei confronti della società emittente per prestazioni non eseguite erano autorizzati dall’amministratore delegato medesimo.

Sarebbe del resto irrazionale – prosegue la Cassazione – il risultato cui si perverrebbe seguendo, invece, l’assunto della ricorrente, ovvero una situazione di irrilevanza penale nei confronti di chi abbia posto in essere comportamenti riconducibili alla previsione concorsuale in relazione all’emissione della documentazione fittizia per il solo fatto di non avere utilizzato poi quella stessa documentazione.
Né viene condiviso il riferimento nel ricorso alla scelta effettuata dal legislatore di evitare di sanzionare condotte che si arrestino alla fase del mero tentativo, posto che nella specie la condotta di emissione, a cui avrebbe concorso l’imputato, si è invece indubitabilmente perfezionata.

Viene, così, ribadito che il potenziale utilizzatore di documenti o fatture emesse per operazioni inesistenti può concorrere, ove ne sussistano i presupposti secondo l’ordinaria disciplina dettata dall’art. 110 c.p., con l’emittente, non essendo applicabile in tal caso il regime derogatorio previsto dall’art. 9 del DLgs. 74/2000 (già in tal senso, Cass. n. 14862/2010).

Tutto ciò premesso, va ancora precisato che la possibilità del concorso non esime dal provare tutti gli elementi dello stesso e, in particolare, l’elemento soggettivo del reato di emissione di fatture false rappresentato dal dolo specifico di evasione (che, nel caso di specie, avrebbe dovuto essere valutato in relazione alla finalità di “creare fondi neri” e non di evadere le imposte addotta dalla difesa).