Divieto di partecipare agli appalti per l’impresa in concordato alla Consulta

Dubbi di legittimità per l’esclusione dell’impresa mandataria nel gruppo temporaneo di imprese

Di Antonio NICOTRA

In tema di partecipazioni alle procedure di affidamento di contratti pubblici, il Consiglio di Stato, con l’ordinanza 12 giugno 2019 n. 150 (Gazzetta Ufficiale 2 ottobre 2019 n. 40), ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 186-bis comma 6 del RD 267/42, nella parte in cui prevede che l’impresa in concordato possa concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché “non rivesta la qualità di mandataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale”.

Rispetto all’art. 80 comma 5 lett. b) del DLgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) – nella formulazione ante DL. 32/2019, conv. L. 55/2019, in vigore dal 18 giugno 2019 –, che prevede l’esclusione dalle procedure di gara delle imprese in concordato preventivo, salva l’ipotesi di concordato con continuità aziendale e fermo il disposto dell’art. 110 del DLgs. 50/2016 (anch’esso oggetto di modifica del 2019), il divieto assoluto dell’art. 186-bis comma 6 del RD 267/42, il cui tenore lettore letterale non lascia spazio a diverse interpretazioni, suscita dubbi di legittimità costituzionale.

La norma non può ritenersi abrogata – in applicazione del criterio cronologico – dall’art. 80 del DLgs. 50/2016. Per converso, le due disposizioni sono vigenti e suscettibili di interpretazione combinata (secondo il criterio della specialità). A differenza dell’art. 80 comma 5 lett. b) del DLgs. 50/2016, che stabilisce una regola generale di esclusione (salva l’ipotesi del concordato in continuità), l’art. 186-bis comma 6 del RD 267/42 disciplina un caso specifico, consentendo la partecipazione dell’operatore, a condizione che, nel raggruppamento temporaneo di imprese, non rivesta il ruolo di mandatario ed inoltre, qualora rivesta il ruolo di mandante, che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale.

Non è condivisibile, inoltre, la tesi del riacquisto, in seguito all’omologazione del concordato, della capacità contrattuale da parte dell’operatore economico (cfr. Cass. n. 380/2018), che, altrimenti, potrebbe partecipare alle procedure. Sebbene il concordato si chiuda con l’omologazione (art. 181 del RD 267/42), l’art. 80 comma 5 lett. d) del DLgs. 50/2016 trova, comunque, applicazione. Il Consiglio di Stato n. 69/2019 ha osservato come, ai fini della partecipazione, è necessaria l’autorizzazione del giudice delegato, confermando l’assenza di capacità d’agire dell’operatore anche nel caso di concordato omologato.

Nell’ordinanza in commento, viene, quindi, sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 186-bis comma 6 del RD 267/42 con riferimento, innanzitutto, all’art. 3 Cost. Non sembra giustificabile, infatti, il diverso trattamento – rispetto all’operatore che operi singolarmente – per l’impresa che partecipi nella forma aggregata del raggruppamento temporaneo di impresa assumendo il ruolo di mandataria. Così come non appare giustificabile il diverso regime di responsabilità (art. 48 comma 5 del DLgs. 50/2016) per il caso in cui le imprese siano aggregate in raggruppamento temporaneo (ragionevolezza c.d. esterna).

Difetta, altresì, la ragionevolezza (c.d. interna) tra le fattispecie contemplate all’interno della medesima disposizione, che opera una distinzione a seconda del ruolo rivestito di mandataria o di mandante (e sempre che le altre imprese non siano assoggettate ad una procedura concorsuale). Emerge anche l’irragionevolezza tra gli obiettivi della norma (ossia, la tutela dei creditori) ed i mezzi per perseguirli. Il divieto di partecipazione, infatti, nega all’impresa la chance di ottenere un flusso di denaro utile al superamento della crisi, pregiudicando anche le ragioni creditorie. Illogica è la ragione della sottrazione al giudice della procedura (e agli organi della stessa) del potere di valutazione della commessa da affidare rispetto allo stato dell’impresa.

Il divieto, in secondo luogo, si pone in contrasto con l’art. 41 Cost., costituendo una limitazione all’autonomia privata, che, invece, agevolerebbe la risoluzione della crisi, sia con l’art. 97 Cost. (che regola il buon andamento dell’azione amministrativa), limitando il potere di scelta tra le varie imprese spettante alle pubbliche amministrazioni.

A margine del commento si rammenta che la disciplina in esame è stata oggetto di modifiche con il DL 32/2019 conv. L. 55/2019, in vigore dal 18 giugno 2019 (in disparte le novità di cui agli artt. 372 e 96 del DLgs. 14/2019, recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in vigore dal 15 agosto 2020). Per effetto della modifica, il novellato art. 80 comma 5 lett. b) del DLgs. 50/2016 richiama espressamente – oltre l’art. 110 del DLgs. 50/2016 (novellato anch’esso dal DL 32/2019) – l’art. 186-bis del RD 267/42.
Per le procedure soggette alla novella legislativa, quindi, la questione potrebbe ritenersi superata.

2019-10-04T07:36:27+00:00Ottobre 4th, 2019|News|
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