Va accertata l’assenza di attività di concreto ostacolo all’identificazione della provenienza delittuosa

Di Maria Francesca ARTUSI

La L. 186/2014 ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento il reato di autoriciclaggio. Nel far ciò il legislatore, invece di limitarsi ad eliminare l’incipit “fuori dei casi di concorso nel reato” dall’art. 648-bis c.p., ha ritenuto opportuno creare una norma autonoma, l’art. 648-ter.1 c.p., che ha caratteristiche peculiari rispetto al riciclaggio “classico”.

La condotta rilevante si realizza in caso di sostituzione, trasferimento o impiego in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, del denaro, dei beni o delle altre utilità provenienti da un delitto non colposo, commesso dal medesimo autore (o concorrente) che realizza i successivi fatti di sostituzione, trasferimento, impiego, etc., in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

Le ragioni che avevano da sempre portato ad escludere la possibilità di punire “due volte” l’autore del reato presupposto (per questo reato e per il successivo riciclaggio) derivavano dal principio del c.d. “ne bis in idem” sostanziale, sulla base del quale, essendo l’utilizzazione del profitto illecito il motivo stesso per cui il reo si determina a commettere il fatto, questa viene a costituire un “post factum” non punibile privo di autonomo disvalore.

Proprio per salvaguardare tale principio, il comma 4 del nuovo art. 648-ter.1 c.p. specifica che “fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale”.
La Corte di Cassazione ha, in proposito, avuto modo di precisare che la non punibilità trova una sua logica e coerente spiegazione nel divieto del citato “bis in idem sostanziale” (punizione di due volte per lo stesso fatto), ma solo e solamente a condizione che l’agente si limiti al mero utilizzo o godimento dei beni provento del delitto presupposto senza che ponga in essere alcuna attività decettiva al fine di ostacolarne l’identificazione quand’anche la suddetta condotta fosse finalizzata ad utilizzare o meglio godere dei suddetti beni.

In questa prospettiva, la norma apparirebbe chiara nella sua ratio: limitare la non punibilità ai soli casi in cui i beni proventi del delitto restino cristallizzati – attraverso la mera utilizzazione o il godimento personale – nella disponibilità dell’agente del reato presupposto, perché solo in tale modo si può realizzare quell’effetto di “sterilizzazione” che impedisce – sanzionandola penalmente – la reimmissione nel legale circuito economico (così Cass. n. 36522/2019, in cui viene esclusa la non punibilità per un professionista che investe in un’attività di ristorazione il denaro proveniente da una truffa da lui stesso perpetrata in danno di una cliente).

L’interpretazione di detta clausola sottintende, da un lato, un uso diretto da parte dell’agente dei beni provento del delitto presupposto con esclusione dal suo ambito di applicazione delle condotte a seguito delle quali l’agente utilizzi i beni dopo averli sottoposti a operazioni di riciclaggio che ne abbiano concretamente ostacolato l’identificazione della provenienza delittuosa.

Dall’altro lato e contestualmente, va accertata l’assenza di attività di concreto ostacolo all’identificazione della provenienza delittuosa, così che dette condotte, conseguenti a quelle del delitto presupposto, non possono e non devono essere caratterizzate da comportamenti decettivi, proprio perché l’agente non avrebbe alcuna necessità giuridica di ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene che usa (Cass. n. 30399/2018 e Cass. n. 5719/2019).

Si noti anche che, alla luce di quanto previsto dal citato comma 4 dell’art. 648-ter.1 c.p., le condotte connotate dalla mera utilizzazione o dal godimento personale non sono punibili non solo e non tanto perché così precisato, ma perché appunto si collocano “fuori dei casi” previsti nei commi precedenti e, quindi, non integrano la nuova fattispecie di autoriciclaggio.

Le nozioni di “mera utilizzazione” e di “godimento personale” prendono, così, forma da un rapporto complementare rispetto a quelle “attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative” richiamate dal comma 1 del medesimo articolo; tanto che il loro accertamento si muove di pari passo con l’esclusione ovvero il riconoscimento dell’utilizzo dei proventi illeciti in tali attività. Elemento che, tra l’altro, rende di difficile applicazione la non punibilità in tutti quei casi in cui sia coinvolto il legale rappresentante di una società o di un ente.