Il DLgs. 14/2019 estende la nozione anche alla persona fisica socia di società di persone se il sovraindebitamento riguarda debiti personali

Di Chiara CRACOLICI e Alessandro CURLETTI

Tra i soggetti che possono accedere alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento ex L. 3/2012 rientra il consumatore, definito, dall’art. 6, comma 2, lett. b), come il debitore, persona fisica, che ha assunto le obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.

La Cassazione, con sentenza n. 1869/2016, ha espresso un principio di diritto con cui ha esteso la nozione di consumatore anche al professionista ovvero all’imprenditore, purché le relazioni di impresa o professionali “non abbiano dato vita ad obbligazioni residue”, esclusivamente “esigendo l’art. 6, co. 2, lett. b) una specifica qualità della sua insolvenza finale, in essa cioè non potendo comparire obbligazioni assunte per gli scopi di cui alle predette attività ovvero comunque esse non dovendo risultare più attuali”; la Suprema Corte, inoltre, ha esteso la nozione di consumatore anche al debitore, persona fisica, che, per far fronte alle proprie esigenze personali o famigliari ovvero alle esigenze della più ampia sfera attinente agli impegni derivanti dall’estrinsecazione della propria personalità sociale, risulti aver contratto delle obbligazioni, non soddisfatte al momento della presentazione del piano, “anche a favore di terzi”, purché “senza riflessi diretti in un’attività di impresa o professionale propria”.

I giudici di legittimità, infine, non escludono che il consumatore, come tale abilitato alla procedura di piano del consumatore, possa essere anche il soggetto indebitato, che si proponga di ristrutturare oltre ai propri debiti di consumo, anche debiti derivanti da IVA, ritenute operate e non versate o tributi costituenti risorse dell’Unione europea, purché tali debiti siano “obbligatoriamente” dedotti nel piano “con trattamento adempitivo non temperato da alcuna dilazione […]”, ciò a differenza di quanto accade nella procedura di accordo di composizione della crisi nell’ambito della quale è ammessa, con riferimento a tali debiti, la dilazione di pagamento.

Sulla scorta del principio affermato dalla Suprema Corte, la giurisprudenza di merito ha affrontato un po’ di interessante casistica. In particolare, il Tribunale di Rovigo, con decreto del 13 dicembre 2016, ha riconosciuto la qualità di consumatore al debitore, che abbia assunto le obbligazioni “al solo scopo di consentire l’inizio dell’attività imprenditoriale” del coniuge, purché non risulti “in alcun modo riconducibile” all’impresa del coniuge stesso. Ciò sulla scorta dell’interpretazione fornita dalla Cassazione con la sentenza citata e, prima ancora, dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la storica ordinanza del 19 novembre 2015, che avrebbero determinato l’ampliamento della nozione di consumatore, “spostando il faro interpretativo dalla natura dell’obbligazione sociale, che caratterizzerebbe anche quella accessoria di garanzia, alla qualità del contraente, ovvero alla assunzione della obbligazione al di fuori di ogni collegamento con l’attività professionale eventualmente svolta”.

In senso contrario, si registra la pronuncia del Tribunale di Treviso del 21 dicembre 2016, il quale ha escluso che il debitore possa essere considerato consumatore, allorquando le obbligazioni, anche di garanzia, oggetto di piano risultino legate ad un’attività imprenditoriale, pur svolta dal coniuge.

Medias res, il Tribunale di Torino, con decreto del 7 agosto 2017, ha ritenuto che non possa essere considerato consumatore il debitore, che abbia assunto obbligazioni a favore di società di cui era socio al momento dell’assunzione dell’obbligazione stessa, “[…] essendovi in questo caso riflesso diretto nell’attività professionale o d’impresa «propria», nel senso che si favorisce con il rilascio della garanzia lo svolgimento della stessa”.

In termini più generali, Il Tribunale di Bergamo, con decreto 16 gennaio 2019, ha escluso la natura di consumatore in capo al condominio, essendo lo stesso privo del requisito legale di “persona fisica”. Il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (DLgs. 14/2019), applicabile per tutte le procedure avviate dal 15 agosto 2020, ha, sostanzialmente, ripreso la definizione di consumatore dal Codice del consumo (DLgs. 206/2005), individuando, all’art. 2, comma 1, lett. e) tale figura nella “persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, per i debiti estranei a quelli sociali”.

Come osservato anche dalla Relazione illustrativa al Codice, la novità rispetto alla Legge n. 3/2012 sta nel fatto che la definizione di consumatore è stata estesa anche al debitore persona fisica che sia contemporaneamente socia di società di persone, a condizione che il suo sovraindebitamento riguardi esclusivamente i debiti strettamente personali.