Dalle Linee guida esempi operativi per l’adeguata verifica rafforzata, con indicazioni riguardanti sia il cliente del professionista che la prestazione
Le Linee guida recentemente licenziate dal CNDCEC dedicano particolare attenzione alla adeguata verifica della clientela in modalità rafforzata, oggetto della Regola tecnica n. 2.5.
Al netto delle situazioni in cui tale modalità si renda obbligatoria ex lege, vale a dire laddove il cliente risieda in un Paese terzo ad alto rischio tra quelli individuati dalla Commissione europea oppure sia una persona politicamente esposta, in tutti gli altri casi è la presenza di un elevato rischio di riciclaggio/FDT a determinare la necessità di adottare misure rafforzate di adeguata verifica della clientela. Sotto questo aspetto, l’utilizzo del modello di valutazione del rischio cliente/prestazione professionale previsto dalle regole tecniche – c.d. “rischio effettivo” – consente di associare a ciascun livello di rischio le modalità di adeguata verifica più appropriate: nel caso di specie, l’applicazione della adeguata verifica rafforzata corrisponde ad un rischio effettivo “molto significativo”.
Per ciascun fattore di rischio elevato individuato dalla norma le Linee guida forniscono poi alcuni esempi operativi.
Con riferimento al cliente, per individuare i rapporti continuativi o prestazioni professionali instaurati ovvero eseguiti in circostanze anomale il professionista, oltre ad avvalersi delle casistiche individuate ai punti B.8, 9 e 10 dell’Allegato 1 del decreto del Ministero della Giustizia del 16 aprile 2010, recante indicatori di anomalia per professionisti e revisori legali, dovrà prestare particolare attenzione ai casi in cui il cliente richieda prestazioni professionali inattese rispetto alla sua consueta operatività, ovvero troppo complesse, articolate e senza una chiara finalità economica, risultando altresì anomala la sua eccessiva conoscenza tecnica della prestazione professionale.
Sono da valutare con altrettanta attenzione le strutture qualificabili come veicoli di interposizione patrimoniale, in tutti quei casi in cui è verosimile che il cliente intenda interporre formalmente soggetti prestanomi nella titolarità di attività economiche o beni; ma anche le attività economiche caratterizzate da elevato utilizzo di contante (ad es. compro oro), sempre che l’utilizzo del contante non sia fisiologico al tipo di attività svolta, come potrebbe verificarsi nel caso degli esercizi commerciali che abbiano ad oggetto attività di ristorazione, supermercati, ecc.
Un rischio elevato potrebbe, infine, essere valutato in relazione a società clienti con assetto proprietario anomalo o eccessivamente complesso attesa la natura dell’attività svolta, come potrebbe verificarsi, ad esempio, nel caso in cui si utilizzi una pluralità di forme societarie per svolgere un’attività di commercio di beni al minuto.
In relazione alle prestazioni professionali vengono ritenute a rischio elevato, tra le altre, quelle che potrebbero favorire l’anonimato, ma anche i pagamenti ricevuti da terzi privi di un evidente collegamento con il cliente o con la sua attività, nonché le prestazioni a distanza non assistite da adeguati meccanismi e procedure di riconoscimento.
In merito a quest’ultimo aspetto, infatti, deve evidenziarsi che i casi in cui è possibile procedere all’espletamento dell’obbligo di identificazione anche senza la presenza fisica del cliente sono tassativamente elencati dall’art. 19, comma 1, lett. a) del DLgs. 231/2007: si va dai clienti i cui dati identificativi risultino da atti pubblici e/o scritture private autenticate a quelli in possesso di una identità digitale di livello massimo di sicurezza, fino ai clienti già identificati in relazione ad un’altra prestazione professionale in essere, purché le informazioni esistenti siano aggiornate e adeguate rispetto allo specifico profilo di rischio.
Come ribadito dal Comitato di Sicurezza finanziaria nel parere alle regole tecniche del CNDCEC, eventuali ulteriori modalità di identificazione del cliente possono essere individuate esclusivamente dalle autorità di vigilanza di settore, non essendo riconosciuta analoga competenza agli organismi di autoregolamentazione.
Da ultimo, il citato decreto individua alcuni fattori di rischio geografici in relazione a Paesi terzi ritenuti carenti di efficaci presidi di prevenzione del riciclaggio/FDT coerenti con le raccomandazioni del GAFI, o caratterizzati da un elevato livello di corruzione o di permeabilità ad altre attività criminose, nonché a Paesi soggetti a sanzioni, embargo o misure analoghe, ovvero che finanziano o sostengono attività terroristiche. Sul punto, le Linee guida forniscono indicazioni in merito ai siti istituzionali in cui è possibile reperire gli elenchi dei Paesi ad alto rischio.
Le Linee guida richiamano, infine, il terzo comma dell’art. 24 del DLgs. 231/2007, ove ai fini della adeguata verifica rafforzata è richiesto, anche ai fini della determinazione di un eventuale sospetto, l’esame del contesto di operazioni caratterizzate da importi insolitamente elevati, ovvero rispetto alle quali il professionista nutra dubbi in merito alle concrete finalità perseguite.