Spetta al contribuente provare l’adozione di modalità incompatibili con l’opzione comunicata
Nel quadro VO della dichiarazione annuale IVA i contribuenti sono tenuti a comunicare le opzioni e le revoche in materia di IVA e imposte dirette, a fronte delle scelte adottate durante il periodo d’imposta al quale si riferisce la dichiarazione. Tuttavia, qualora sia stata erroneamente barrata la casella relativa a un’opzione in concreto non esercitata, sembra possibile ritenere prevalente il comportamento concludente rispetto all’errata comunicazione operata in sede dichiarativa.
Al riguardo, è opportuno ricordare che sia l’opzione che la revoca “di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili” (art. 1 comma 1 del DPR 442/97). La norma dispone altresì che “la validità dell’opzione e della relativa revoca è subordinata unicamente alla sua concreta attuazione sin dall’inizio dell’anno o dell’attività (…)”.
A tal proposito occorre sottolineare che l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che deve ritenersi “comportamento concludente” quello consistente nell’effettuazione di adempimenti “che presuppongono inequivocabilmente la scelta di un determinato regime, osservandone i relativi obblighi, in luogo di quello operante come regime di base (…)”, fermo restando la sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi per avvalersi del regime opzionale (cfr. C.M. n. 209/98, § 1). A titolo esemplificativo, se l’opzione interessata è quella per il versamento dell’IVA con cadenza trimestrale ex art. 7 del DPR 542/99, assumeranno rilievo come comportamento concludente le liquidazioni e i versamenti periodici (maggiorati degli interessi) effettuati con la predetta cadenza anziché con quella mensile.
La disciplina relativa all’esercizio dell’opzione prevede che il soggetto passivo sia obbligato a comunicare la propria decisione nella prima dichiarazione annuale IVA da presentare successivamente alla scelta operata (art. 2 comma 1 del DPR 442/97) attraverso la compilazione del quadro VO. Quest’ultimo è allegato alla dichiarazione dei redditi, se il contribuente è esonerato dalla dichiarazione annuale IVA. L’opzione resta valida anche in caso di omessa, tardiva o irregolare comunicazione, tuttavia, sono irrogate le sanzioni amministrative previste (art. 2 comma 3 del DPR 442/97). Si tratta, in particolare, della sanzione da 250 a 2.000 euro di cui all’art. 8 comma 1 del DLgs. 471/97 (cfr. C.M. n. 209/98, § 3), fermo restando l’applicabilità dell’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 del DLgs. 472/97).
In base al predetto principio di carattere generale sulla rilevanza del comportamento concreto adottato dal contribuente, si ritiene possibile sostenere la prevalenza di tale comportamento anche nel caso di errata indicazione dell’esercizio di un’opzione nella dichiarazione annuale IVA. La comunicazione riveste, infatti, carattere esclusivamente formale e non rileva ai fini sostanziali della scelta operata (cfr. C.M. n. 209/98, § 1).
Quanto descritto trova conferma nella giurisprudenza (es. Cass. n. 7011/2003 e Cass. n. 6886/2001) e nella prassi (es. ris. Agenzia delle Entrate n. 106/2001 e R.M. n. 561514/91), che si sono in passato espresse in merito all’errata barratura della casella riservata alla dispensa da adempimenti per le operazioni esenti ex art. 36-bis del DPR 633/72. Nella risoluzione del 4 luglio 2001 n. 106, per esempio, l’Agenzia delle Entrate affermava come nella fattispecie esaminata “sia per la natura dell’attività svolta che per l’osservanza degli obblighi contabili”, fosse riconoscibile “l’errore materiale riguardante la barratura della casella riservata all’opzione”.
In caso di non corretta compilazione del quadro VO della dichiarazione annuale IVA, appare comunque consigliabile la presentazione di una dichiarazione integrativa nonché il versamento della predetta sanzione amministrativa da 250 euro (art. 8 comma 1 del DLgs. 471/97) ridotta per effetto del ravvedimento operoso.
Nell’eventualità in cui l’Agenzia delle Entrate proceda a una verifica in ordine all’esercizio dell’opzione, si deve considerare che “il comportamento concludente (…) non può consistere in una mera prospettazione, ma in una condotta obiettiva in concreto tenuta, obiettivamente verificabile, la cui prova è a carico del contribuente (…)“ (cfr. Cass. 29 settembre 2011 n. 19974). Spetta al contribuente, pertanto, dimostrare l’adozione di modalità che siano incompatibili con l’esercizio dell’opzione erroneamente comunicata nella dichiarazione annuale IVA.