Il decreto di inammissibilità del concordato, pronunciato durante il giudizio di omologazione, equivale al diniego della stessa

Di Antonio NICOTRA

Il decreto del Tribunale con il quale sia dichiarata l’inammissibilità della proposta concordataria non è soggetto al reclamo ex art. 162 comma 2 del RD 267/42, salvo che – accertati i presupposti di cui agli artt. 1 e 5 del RD 267/42 – il Tribunale con sentenza dichiari anche il fallimento del debitore. In tal caso, infatti, l’art. 162 comma 3 del RD 267/42 riconosce la possibilità di presentare il reclamo ex art. 18 del RD 267/42 contro la sentenza che dichiara il fallimento e di fare valere, al tempo stesso, i motivi attinenti all’ammissibilità della proposta di concordato.

Sul tema, in verità, la giurisprudenza non segue un orientamento lineare. Si registrano principalmente due indirizzi. Il primo indirizzo giunge a ritenere che il reclamo ha ad oggetto la sentenza dichiarativa di fallimento, ma, stante la connessione tra la sentenza ed il provvedimento conclusivo della procedura concordataria ed in considerazione dell’effetto devolutivo pieno del reclamo ex art. 18 del RD 267/42, il reclamo può essere proposto anche adducendo vizi del provvedimento che nega il concordato e che si riflettono sulla sentenza dichiarativa di fallimento (Cass. nn. 5479/2018 e n. 1169/2017).

Secondo un altro indirizzo, invece, l’impugnativa riguarda entrambi i provvedimenti; pertanto, il decreto del Tribunale che neghi l’ingresso alla procedura di concordato e la sentenza dichiarativa di fallimento devono essere oggetto di impugnazione unitaria, essendo inscindibilmente connessi (artt. 18 e 162 comma 3 del RD 267/42). In tal caso, è sufficiente che il reclamante formuli le censure (anche solo) nei confronti del decreto di inammissibilità, poiché gli eventuali vizi di tale provvedimento si traducono automaticamente in vizi della sentenza dichiarativa di fallimento (Cass. n. 3586/2011). In nessun caso, invece, potrà dichiararsi il fallimento d’ufficio a seguito della declaratoria d’inammissibilità (Cass. n. 18236/2009).

Se invece il provvedimento d’inammissibilità è pronunciato senza che contestualmente sia dichiarato il fallimento, il reclamo è escluso. Ciò si spiega in ragione della possibilità di ripresentazione della domanda di concordato.

La possibilità di proporre il reclamo, invece, è riconosciuta all’esito del giudizio di omologazione (artt. 131 e 183 del RD 267/42). Giunti al termine della procedura, infatti, la riproposizione della domanda sarebbe particolarmente gravosa in termini di celerità ed economia processuale, comportando il sacrificio delle attività poste in essere sino a quel momento (Cass. n. 9998/2014). Avverso le decisioni interruttive del concordato considerate autonomamente non è ammesso, inoltre, – secondo l’orientamento prevalente – il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. (Cass. SS.UU. n. 27073/2016).

Laddove sia adottato in una fase intermedia tra l’ammissione del concordato preventivo e la votazione dei creditori, o comunque anteriormente all’instaurazione del giudizio ex art. 180 del RD 267/42, il provvedimento di revoca dell’ammissione alla procedura di concordato ex art. 173 del RD 267/42, non seguito da dichiarazione di fallimento della proponente il concordato stesso, è insuscettibile di reclamo ex art. 18 del RD 267/42 o di immediato ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.

Non è chiaro, però, se sia ammissibile il reclamo qualora il decreto sia pronunciato, ai sensi dell’art. 173 del RD 267/42, – ossia nel caso in cui sia accertato che il debitore abbia occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode – nel corso del giudizio di omologazione del concordato ex art. 180 del RD 267/42, dopo l’esito favorevole della votazione dei creditori ed in assenza di opposizioni di quelli dissenzienti, senza che a ciò abbia fatto seguito la pronuncia di fallimento della proponente il concordato. Nei casi come quello in esame, il decreto di inammissibilità della proposta, proprio perché pronunciato, durante il giudizio di omologazione, sottende un provvedimento di rigetto dell’omologazione.

A questa conclusione giunge la Cassazione con sentenza n. 31477/2018, ritenendo che il provvedimento, benché formalmente di revoca dell’ammissione alla procedura concordataria, conclude una delle due fasi di un unico giudizio avente ad oggetto l’omologazione del concordato, che in tal modo viene impedita, così da tradursi in un sostanziale diniego di omologazione, avverso il quale potrà essere esperito esclusivamente il reclamo ex art. 183 del RD 267/42. Il giudizio di omologazione del concordato preventivo ed il procedimento per la revoca dell’ammissione ex art. 173 del RD 267/42, infatti, non sono due procedimenti separati ed autonomi ma due fasi di un unico procedimento: l’ammissione al concordato, infatti, costituisce il presupposto necessario per l’omologazione, pertanto, venuta meno la prima, non è più possibile la seconda.