Definizione delle liti alla prova della competenza fiscale

Il contribuente deve poter recuperare le imposte pagate in più per effetto della definizione della lite

Di Alfio CISSELLO e Pietro SEMERARO

L’art. 6 del DL 119/2018 prevede che il contribuente possa definire le liti tributarie in cui è controparte l’Agenzia delle Entrate nella misura in cui il ricorso introduttivo sia stato notificato entro il 24 ottobre 2018.
A seconda dello stato e degli esiti (ovviamente provvisori) della controversia, è possibile un parziale stralcio dell’imposta che va dal 10% (in caso di giudizio pendente in C.T. Prov., o giudizio di rinvio) al 95% (in caso di giudizio pendente in Cassazione con doppia conforme pro-contribuente).

La definizione delle liti può generare problemi in merito agli accertamenti, definiti “odiosi” in dottrina, dai quali può scaturire una doppia imposizione.
Il caso classico è la violazione della competenza fiscale: dal recupero a tassazione del costo dedotto nell’anno non di competenza (o del ricavo non tassato nell’anno di competenza), deriva il diritto del contribuente di ottenere la restituzione, o comunque il riconoscimento, delle maggiori imposte pagate in eccesso nell’anno in cui il costo avrebbe dovuto essere dedotto o il ricavo è stato indebitamente tassato.

Ma la questione emerge anche in altre tipologie di recupero, si pensi alle quote di ammortamento (in cui il Fisco può contestare la deduzione delle quote siccome a suo dire il bene non avrebbe dovuto essere capitalizzato), agli accantonamenti in caso di “proventizzazione” del fondo o, ancora, al caso delle perdite su crediti, dedotte in un esercizio diverso da quello in cui si verificano gli elementi certi e precisi.

Ormai, è pacifico il principio secondo cui l’accertamento non può mai dare luogo ad una doppia imposizione. Se possibile, infatti, il tutto si risolve nell’ambito dell’accertamento con adesione, evitando così la successiva domanda di rimborso (circ. Agenzia delle Entrate 2 agosto 2012 n. 31).
Ciò non può venire meno se il contribuente ha definito la lite.

Vero è, infatti, che la sentenza di estinzione del giudizio per intervenuta definizione non acquista la forza del giudicato sostanziale, ma è del pari vero che in nessun caso va accettata la doppia imposizione, come peraltro confermato dalla stessa Agenzia delle Entrate (circ. 29 del 2011, § 1.4), secondo cui il diritto al rimborso spetta anche in caso di definizione della pretesa con strumenti deflativi del contenzioso (come acquiescenza o conciliazione).

Ora, se il contribuente ha ottenuto una sentenza sfavorevole al 24 ottobre 2018, per definire paga tutte le imposte. Non sorgono quindi dubbi sul fatto che possa, entro il termine biennale di cui all’art. 21 comma 2 del DLgs. 546/1992 (o addirittura, nell’ordinario termine decennale, come sostenuto da parte della giurisprudenza), chiedere a rimborso l’intera imposta pagata in eccesso, ad esempio, per la mancata deduzione del costo nell’anno corretto.

Lo stesso si deve poter affermare nel caso di definizione con stralcio dell’imposta.
Ove il contribuente, al 24 ottobre 2018, abbia ottenuto una sentenza di primo grado favorevole, deve pagare solo il 40% delle imposte.
Allora, non si può sostenere che abbia diritto al rimborso del 100% dell’imposta pagata in eccesso. Ragionando in questo modo, verrebbero pregiudicate indebitamente le ragioni dell’Erario.
Una soluzione di buon senso impone di affermare che, nella fattispecie descritta, sia possibile chiedere a rimborso solo il 40% dell’imposta, avendo il contribuente definito pagando il solo 40% dell’imposta (tralasciando, in questa sede, gli eventuali effetti sul piano contabile).

Un’ultima considerazione riguarda i termini per la domanda di rimborso.
Per prudenza, è opportuno considerare quale dies a quo del termine biennale (applicandosi l’art. 21 del DLgs. 546/92) il momento di perfezionamento della definizione (presentazione della domanda e versamento di tutte le somme o della prima rata, adempimenti, entrambi, che vanno espletati entro il 31 maggio 2019) e non il successivo deposito della sentenza di estinzione del giudizio.

Bisogna però ricordare che, come detto, secondo parte della giurisprudenza, l’esigenza di evitare il rischio di doppia imposizione è talmente forte da indurre a sostenere che, nel caso in oggetto, operi addirittura la prescrizione decennale (Cass. 8 giugno 2016 n. 11728; Cass. 4 marzo 2016 n. 4342).

2019-04-29T12:25:35+00:00Aprile 29th, 2019|News|
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